Eventi e cultura
18 Dicembre 2014
Atmosfere calde e sensuali per l'ultimo appuntamento della stagione di danza del teatro Comunale

“Terramara”, la danza della fertilità

di Redazione | 3 min

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(foto di Maurizio Montanari)

(foto di Maurizio Montanari)

di Federica Pezzoli

Dopo lo scenario algido e allucinato de “La boule de neige” di Fabrizio Monteverde il progetto RIC.CI/Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni 80/90 ha portato sul palco del teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara le atmosfere calde e terrigne di “Terramara”.

Lo storico balletto creato nel 1991 da Michele Abbondanza per la neonata compagnia, fondata insieme ad Antonella Bertoni, allora sua compagna sul palcoscenico e nella vita, rivive nell’interpretazione di Eleonora Ciocchini e Francesco Pacelli. Quella andata in scena martedì 16 dicembre non è una semplice ricostruzione, ma una ri-nascita, Eleonora e Francesco ri-danzano “Terramara” mettendoci le loro personalità, sempre nel rispetto dello spirito del lavoro originale: ci introducono e ci portano per mano in un paesaggio rurale sospeso in una dimensione quasi a-temporale, ci narrano la storia universale, l’eterno ritorno del rapporto fra uomo e donna e di quello fra uomo e natura.

Attraverso un miscuglio fra echi classici bachiani e suggestioni musicali da tutto il mondo, dall’Europa dell’Est all’America Latina, all’Italia del sud, questo lavoro scava nella nostra memoria alla ricerca dell’eco di voci di etnie e tradizioni lontane, al di là delle culture.

Il sipario si apre su un paesaggio rurale, un quadro di vita contadina appena accennato attraverso fruscii d’acqua e versi di animali da fattoria in lontananza e una scenografia più scarna rispetto alla prima versione: due travi, e un tavolo di legno chiaro su cui sono poggiate delle gerle dalle quali Francesco ed Eleonora faranno uscire cascate di arance a colorare il palco, trasportandoci in un campo immaginato ma allo stesso tempo reale. In questo spazio tra cielo e terra, uomo e donna sono custodi del rito generativo della natura, una natura agrodolce, che è madre, ma non complice, che richiede il sudore del nostro lavoro: una terra amara, da dissodare.

“Terramara” evoca la vita e la fertilità, quella donata dalla natura a chi lavora rispettando le sue leggi, e quella generata dall’incontro di maschile e femminile. Una storia anche d’amore, dunque, allo stesso tempo quotidiano e universale: fatto di tanti piccoli momenti di sintonia e d’intesa, in cui passione e baci passano da un’arancia tenuta fra le labbra dai danzatori, ma anche di momenti di provocazione e scontro. Tutto è reso attraverso cenni e sguardi, evocazioni, frammenti, fra narrazione e astrazione, senza un filo logico realistico.

terramaraEleonora Chiocchini e Francesco Pacelli, restituiscono con la loro energia e i loro corpi le vibrazioni di questo racconto della e sulla vita, in cui c’è spazio per momenti di grande lirismo, come quando Eleonora, trasportata da Francesco all’interno di una gerla, riesce a raggiungere le arance in scena e a coglierne una, e per momenti di grande gioia, tra saltarelli e danze folkloristiche irlandesi. Per tutta la durata dello spettacolo la loro sintonia è palpabile, con la sensualità di Eleonora che sostiene e bilancia la fisicità di Francesco.

“Terramara” è una performance essenziale e, forse proprio per questo, di grande poesia, capace di emozionare e far sorridere. La coreografia ha un ritmo incalzante in cui i gesti sembrano lasciare una scia come il movimento un pennello, tutto è studiato fin nei minimi particolari e richiede una precisone tecnica e un virtuosismo non fini a se stessi, ma tesi a rendere leggibili per il pubblico i diversi piani di significato di questa performance generosa e fertile come la zolla di terra di cui porta il titolo.

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