La sentenza Cucchi? “Un’assurdità. L’unica cosa chiara è che nella giustizia italiana qualcosa non funziona”. Più che stupito, il tono di voce di Patrizia Moretti è amareggiato nel commentare la notizia dell’assoluzione in appello per tutti gli imputati per la morte di Stefano Cucchi, il ragazzo morto il 22 ottobre 2009, nel reparto di medicina dell’ospedale Sandro Pertini, una settimana dopo essere stato arrestato con l’ipotesi di spaccio di hashish.
“Mi sembra che non ci sia giustizia – afferma la madre di Federico Aldrovandi -, perchè il non aver individuato alcuna responsabilità nella morte di Cucchi fa molto male, ma soprattutto fa molto male al nostro paese. Stefano non è morto da solo”.
Considerazioni rese attuali dalla notizia della sentenza di Roma, anche se il ‘vizio di fondo’ della giustizia italiana secondo la Moretti ha origini antiche: “Ci sono carenze importanti e c’è la necessità di un intervento. Ad esempio attraverso l’introduzione del reato di tortura”. Una proposta che la Moretti e l’avvocato Fabio Anselmo – specializzato nei casi sui ‘morti di Stato’ e da sempre al fianco delle famiglie Aldrovandi e Cucchi – hanno fatto propria da diversi anni e che torna ancora una volta dopo l’assoluzione dei tre agenti di polizia e dei tre infermieri imputati, fino a ieri, per la morte del 31enne romano.
“L’Italia è un eccezione rispetto ad altri paesi: siamo inadempienti rispetto a tutte le dichiarazioni dell’Europa, con un ritardo di almeno 20 anni rispetto alle disposizioni internazionali. Credo che se esistesse il reato di tortura forse non ci sarebbero più o sarebbero in numero molto minore i casi come quelli di Federico, di Cucchi, di Uva, di Ferulli o di tutti i casi simili ma meno conosciuti, che sono molto numerosi”.