Lettere al Direttore
28 Ottobre 2014

Posto fisso

di Redazione | 3 min

“Il posto fisso non c’è più ”. Parole da incantatore. A mio avviso “Il posto fisso c’è ancora”, eccome, ma solo per i lavoratori classe A più più, ossia per tutti i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni, Enti Locali, parastatali, enti regionali, Comunali, Provinciali, municipalizzate, Aziende sanitarie, sanità, Bancari, assicurativi, enti ed aziende consorziate di derivazione pubblica, Fondazioni bancarie e simili, etc.

Seguono i pensionamenti   anticipati, i vitalizi ai consiglieri regionali, i parlamentari che acquisiscono il diritto a pensione dopo una legislatura, i dispensati, gli esodi incentivati, la mobilità lunga, gli esuberi, la aspettativa retribuita per incarichi, etc, etc ,… ossia tutte quelle forme assistenziali che prevedono un fisso mensile con denaro pubblico a lavoratori e a rappresentanti politici e ciò sino al raggiungimento della pensione o ad un nuovo impiego che deve essere equivalente allo status che avevano precedentemente.

Oltre ad avere il contratto a tempo indeterminato, garanzia dell’impiego a volte sin dalla adolescenza caso mai con diritto di successione, esiste nel Pubblico anche la cosiddetta clausola della “stabilità di impiego” che significa che il datore di lavoro garantisce al lavoratore lo stipendio dalla assunzione sino al raggiungimento del diritto a pensione. Vale dire che il rapporto di lavoro pubblico una volta ottenuta la stabilità di impiego può cessare anticipatamente solo per “giusta causa” (non per giustificato motivo come nel privato) e qualora la risoluzione fosse anticipata, salvo colpa grave del lavoratore, si ha diritto a percepire un fisso mensile equivalente allo stipendio fino al raggiungimento del diritto a pensione, oltre ai danni.

Per non entrare nei contratti di lavoro dove merita fare un cenno ai periodi comparto lunghissimi, maternità fino a tre anni, permessi, recuperi, orario continuato di sei ore con pausa caffè, festività del sabato, cure termali, assegnazione del mezzo, part time, indennità varie, interscambiabilità , mansionari, inamovibilità, tutela della salute, quiescenza per malattia, liquidazione TFR, etc, etc, etc …. Tutte cose giuste ma purtroppo solo per certe categorie di lavoratori

“Il posto fisso non c’è più” ma solamente per i lavoratori di classe C meno meno , quelli che devono supportare o sopportare tutto ciò, produrre e pagare e caso mai essere licenziati “ad nutum” ossia con un cenno. Il settore privato quello del commercio, della piccola media industria, artigianato, agricoltura, servizi, dipendenti studi professionali, dipendenti da piccole imprese, delle partite iva sempre più numerose, forzate e pretestuose, dei lavoratori autonomi, dei collaboratori, dei precari e straordinari, dei disoccupati, dei camerieri, degli stagionali, digli imprenditori falliti, dei lavoratori costretti ad emigrare per lavorare e lasciare posto agli immigrati che beneficiano della “manna” di storiche e sofferte conquiste civiche e sociali fatte da noi, di quelli con contratti a progetto, o a tempo determinato, di quelli che non hanno quel “reddito di cittadinanza” che esiste nei paesi europei, di quelli che sottostanno al caporalato…

Per questi lavoratori figli della incertezza, discriminati nella parità di trattamento rispetto agli altri, non resta che sperare nella divina provvidenza anche se per loro la pensione a 67-70 anni, come il TFR, sarà come l’araba fenice ed i loro contributi non si saprà mai a beneficio di chi andranno.

Buona giornata.

Pietro Zappaterra

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