Eventi e cultura
25 Ottobre 2014
Il musicologo ha dedicato la sua vita a promuovere l'insegnamento musicale

Quirino Principe, il Don Chisciotte della cultura

di Redazione | 3 min

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Il suo carattere umile si accompagna a una mente vivace che esprime pensieri controcorrente con una lingua tagliente e un linguaggio dissacrante. Stiamo parlando di Quirino Principe, ospite giovedì sera a Ferrara per ritirare il premio “Tutte le Direzioni 2014”, che il Gruppo dei 10 attribuisce annualmente a prestigiose personalità, appartenenti sia al mondo della cultura che a quello della vita civile, le quali abbiano contribuito, in piena e totale autonomia e indipendenza intellettuale, alla crescita qualitativa del nostro Paese. A consegnare il simbolico riconoscimento, assegnato l’anno scorso al regista Pupi Avati, è il sindaco Tiziano Tagliani, affiancato da Massimo Maisto, vicesindaco e assessore alla Cultura, da Federico Franchella e da Alessandro Mistri, rispettivamente presidente e direttore artistico del Gruppo dei 10.

Quasi 79 anni e non sentirli, Quirino Principe ha intrattenuto il pubblico dell’aula magna Stefano Tassinari, presso la sede dell’associazione Musicisti di Ferrara, per quasi un’ora e mezza di dibattito. Già il titolo dell’incontro, “La malattia mortale della cultura d’Occidente”, era volutamente provocatorio e il critico musicale, musicologo, traduttore e saggista non si è risparmiato. Incalzato dalle domande di Pierluigi Masini, direttore marketing di Qn in funzione di agente provocatore, il filoso della musica ha confermato il suo pensiero lucido e tagliente, spesso in controtendenza ma sempre ricco di spunti e di riflessioni. Sono stati tanti infatti i temi toccati – dalla politica alla religione, dalla sua vita personale alla cultura – a dimostrazione delle sue doti di profondo ricercatore e brillante divulgatore della cultura e della conoscenza in tutte le direzioni. A detta del musicologo friulano, le malattie mortali che affliggono l’Italia sono sostanzialmente tre: tendenza all’aggressività, senso di inferiorità sulla donna e superstizione. “Sono tre cattive inclinazioni che si possono correggere con la cultura – assicura Principe – ma che nel nostro Paese diventano una sindrome basata sull’incapacità di chi esercita il potere di capire che è una delega”.

Un altro morbo che colpisce gli italiani è che, secondo il filosofo della musica, “non hanno più orecchio”. “Questo perché la grandezza culturale del nostro Paese non si accompagna alla consapevolezza di questa cultura – spiega Principe – ad esempio l’Italia sforna eccellenti musicisti che sono costretti ad andare a suonare all’estero. E mentre alcuni personaggi ricevono stipendi da capogiro, vengono licenziati i membri dell’orchestra e del coro dell’Opera di Roma”. La miopia sembra che sia racchiusa proprio qui, nel non vedere la musica come valore collettivo e di coesione sociale, pur essendo un linguaggio universale. Questo spiega la scelta del musicologo di dedicare tutta la sua vita all’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado: il suo contributo risulta fondamentale nell’affermare l’importanza e la centralità della musica nella crescita dell’individuo, sostenendo la conseguente necessità dell’insegnamento musicale nei programmi educativi. “Ogni tanto, quando mi accorgo di essere da solo nella mia visione, mi sento come Don Chisciotte – conclude Principe – eppure dovremmo mostrare che esiste una pubblica opinione e dare il sentore di essere una società in movimento”.

Dopo tante parole, però, arriva l’antidoto. Il difficile compito di chiudere l’intensa serata spetta al pianista Paolo Birro che con il suo concerto per piano solo ispirato ai colori del blues, non ha deluso le aspettative. Il noto pianista vicentino, classe 1962, ha proposto un repertorio di spessore, eseguendo brani famosi di artisti del calibro di Bill Evans, Duke Ellington, Thelonius Monk e Bud Powell, riarrangiati in chiave moderna.

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