Cronaca
2 Ottobre 2014
Dopo i progettisti, rischiano l'imputazione anche i responsabili della ditta che non fecero le opere di adeguamento

Crolli Tecopress, un solo processo per unire le indagini

di Ruggero Veronese | 2 min

tecopressPotrebbero venire unificati in un unico processo i due filoni dell’inchiesta sul crollo dei capannoni Tecopress, dove durante il drammatico sisma del 20 maggio 2012 perse la vita l’operaio Gerardo Cesaro. Stamattina si è aperto con la prima udienza filtro il procedimento per i tre imputati rinviati a giudizio dal gip il 29 giugno scorso: l’ingegnere Modesto Cavicchi e i due progettisti e direttori dei lavori, Dario Gagliandi e Antonio Proni, che si occuparono rispettivamente delle fondamenta e del capannone. L’udienza si è però aperta e richiusa nel giro di pochi minuti: il pm Alberto Savino ha infatti richiesto e ottenuto un rinvio del processo per permettere la conclusione anche delle indagini della seconda parte dell’inchiesta, che potrebbero portare all’imputazione anche del titolare e della responsabile alla sicurezza e prevenzione della Tecopress.

La procura aveva richiesto un supplemento di indagini (che si concluderanno entro la fine dell’anno) in sede di udienza preliminare, per chiarire anche le eventuali responsabilità in capo alla ditta di Dosso. Secondo Savino infatti la Tcopress dopo il 2005, quando l’Emilia Romagna fu inserita tra le zone a rischio sismico, avrebbe dovuto effettuare dei lavori di adeguamento sulle sue strutture. A finire al centro della ‘seconda tanche’ dell’inchiesta furono quindi il titolare dell’azienda, Enzo Dondi, ed Elena Parmeggiani, responsabile dei servizi di prevenzione dai rischi professionali.

La loro posizione è molto diversa da quella di Cavicchi, Gagliandi e Proni, che presero parte alla progettazione e della costruzione dell’edificio nel 1993. Il processo dovrà infatti chiarire se le responsabilità penali del crollo siano da attribuire al progetto originale o al mancato adeguamento successivo. Secondo l’ingegner Comaschi, consulente della procura, a causare il cedimento della struttura fu il mancato aggancio tra travi e pilastri, che erano soltanto appoggiate le une alle altre senza sistemi di ancoraggio. Sarà quindi necessario stabilire sia se l’opera originale fosse in regola con le normative precedenti al 2003, sia cosa fu effettivamente fatto od omesso dalla ditta dopo il cambio di regolamento.

Quel tragico 20 maggio del 2012 Gerardo Cesaro era al lavoro durante il turno notturno quando il terremoto scosse l’Emilia Romagna. Nei capannoni Tecopress il crollo dei pilastri, sganciati dalle travi, innescò un effetto a catena che fece crollare l’intera struttura come un castello di carte. Per l’operaio non ci fu scampo: finì schiacciato sotto le macerie del capannone dove stava lavorando. Ora la sua famiglia è parte civile nel processo.

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