Poggio Renatico
30 Settembre 2014
Michele Miraglia si rivolge a Facebook con una foto shock

Malato di SA pestato in piazza, nessuno chiama i soccorsi

di Redazione | 5 min

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unnamedPoggio Renatico. Sulla spalliera di una panchina all’ombra di un viale alberato, nel pieno centro di Poggio Renatico c’è una goccia di sangue. Protetta dai resti del castello Lambertini e delle attività commerciali che la circondano, quella goccia è l’unica traccia tangibile di cosa sia successo venerdì sera. L’unica perché, nonostante un’aggressione a calci e pugni risultata in un trauma cranico, nessuno dei testimoni ha avvertito i carabinieri o chiamato un’ambulanza.

Venerdì, in piazza, si susseguono due concerti fino a mezzanotte. È intorno a quell’ora o poco dopo che in un bar del centro si incontrano due persone. Una è Michele Miraglia, conosciuto in paese come Sga, l’altra uno straniero di cui non è chiara la nazionalità né il nome ma che viene subito riconosciuto per essere stato cacciato più volte da alcuni esercizi commerciali a causa dei suoi comportamenti non esattamente pacifici.

Qualche bicchiere in corpo, e, raccontano, Miraglia, un po’ agitato, si lamenta col barista della sua presenza. “Mi ha detto mio fratello che era perché stava facendo delle avances spinte ad alcune ragazze prima ed ero intervenuto, ma non mi ricordo niente di quella sera”, spiega. La ragione del pestaggio però non è definibile con certezza anche se probabilmente è ascrivibile ai futili motivi. Poi esce e si siede su quella panchina che affaccia su un altro bar, una sala giochi e la piazza quando mancano pochi minuti all’una.

I suoi ricordi si fermano qui, ma ricostruire l’accaduto non è così complicato. Lo è di più trovare persone che abbiano visto con i propri occhi quanto avvenuto e abbiano voglia di parlare. “A me l’hanno raccontato”, è il disclaimer legale della maggioranza delle fonti prima di raccontare una storia che tuttavia è sempre la stessa.

‘Lo Sga’ è seduto sulla panchina, viene seguito e lo sconosciuto inizia a sferrargli un primo pugno dall’alto finché su quella panchina non si rannicchia chiedendo pietà. Poi un’altro in faccia e un altro ancora. Miraglia cade al suolo e il teatro dell’azione si sposta di pochi metri, appena oltre i confini del marciapiede, non è chiaro se grazie ad un trascinamento o un suo momento di lucidità. Lui, sempre a terra dietro un cartello, inizia a ricevere calci a ripetizione.

Miraglia inoltre è malato di spondilite anchilosante, malattia cronica autoimmune a carico delle articolazioni che, se non trattata, ne porta alla fusione e lo rende quindi inabile a qualunque tipo di difesa personale.

A questo punto qualcuno sente del brusìo e decide di andare a vedere quanto succede. L’aggressore si adopera per portare a Miraglia del ghiaccio e dell’acqua da un bar. Nessuno avverte le forze dell’ordine di quanto ha appena visto, nonostante la nutrita, seppur non esagerata, schiera di avventori di due bar del centro poco dopo un evento del settembre poggese.

Miraglia entra nella sala giochi di fronte alla panchina. Quegli stessi avventori che non hanno chiamato le forze dell’ordine non possono nemmeno medicarlo con qualcosa di meglio che del ghiaccio. Lui però ha la camicia sporca di sangue, presenta ferite diffuse alla testa ed è in stato confusionale. Nessuno avverte il 118 di quanto ha appena visto.

Mani pietose gli danno un passaggio a casa in macchina. Miraglia forse fa in tempo a tranquillizzare la madre anziana con cui vive e che si spaventa, ma passa una notte d’inferno. Sarà la sua preoccupazione comunque a decidere di chiamare la guardia medica nella tarda mattinata del giorno dopo. Quando arriva a casa sua gli vengono descritti tre episodi di vomito a getto, e finalmente viene allertato il 118 che invia un’ambulanza con codice giallo.

L’ora dell’accettazione al triage dell’ospedale Sant’Anna di Cona riportata sui documenti segna le 15.54. L’indifferenza dei cittadini ha fatto sì che allo ‘Sga’ servissero quindici ore prima di ricevere le cure mediche. I dottori gli fanno una tac, escludono eventuali fratture poi lo lasciano con una prognosi di quindici giorni per un trauma cranico.

Domenica pomeriggio Miraglia si decide e pubblica una sua foto su Facebook: ha due grandi ecchimosi sotto gli occhi, una ferita sul naso e sullo zigomo destro. Le escoriazioni sulla fronte preoccupano ancora di più del resto. I suoi amici di internet cadono dalle nuvole: “cos’è successo?”. Che nessuno ha usato il suo cellulare per una chiamata di soccorso, ecco cosa. È anche la sua risposta, quando lo incontriamo nel pomeriggio di lunedì: “La cosa che mi dà più fastidio è che nessuno abbia chiamato i carabinieri o l’ambulanza”, racconta. Per raggiungere casa sua ci sono un numero considerevole di scalini da salire. L’edificio è antico ma non vecchio, ben messo, ma ciò non toglie che al terzo piano non ci si possa arrivare che a piedi, di ascensori nemmeno l’ombra. Quando ci accoglie fa un po’ fatica a camminare, dice che gli fa male tutta la parte sinistra della schiena. “Ma sei andato a denunciare?”, gli chiediamo. “Ancora no, aspetto di stare un po’ meglio. Ma chiunque sia deve pagare per quello che ha fatto, denuncerò sicuramente”. Ci spostiamo in cucina, lontano dalla madre. A quel punto si lascia andare ad una confessione: “Ho paura comunque di quello che può fare, è anche per questo che non sono ancora andato dai carabinieri. Lo farò, però lui è ancora in giro con il suo potenziale. Ho paura che questo possa ripetersi. Almeno in tanti mi stanno dimostrando solidarietà e mi stanno dando informazioni utili per rimettere insieme i pezzi del puzzle perché mi ricordo di essere andato al bar e poi ho un buco nella mente”.

Ultima domanda: “Possiamo pubblicare la foto che hai caricato su Facebook?”. “Tutto quello che volete, non ho nulla da nascondere”.

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