Cento
30 Settembre 2014
L'ex portavoce centese: " È un partito che smentisce le stesse regole su cui è stato fondato"

Savignac lascia Fratelli d’Italia

di Redazione | 5 min

savignacCento. “Quando ho aderito a FdI, l’ho fatto sulla promessa che non sarebbe stato un partito dove le decisioni sarebbero state prese esclusivamente da dirigenti non eletti, bensì dai cittadini, attraverso primarie e congressi”. Evidentemente le cose non sono andate come sperato e così George Savignac si è trovato nella situazione di dimettersi dal ruolo di portavoce locale: “la decisione più difficile che abbia preso”, anche se “meditata con calma e senza isterismo”.

Un addio dettato dall’essenza di un sistema di scelta più democratico rispetto a quello tenuto fin ora dalla dirigenza: “Le primarie dovevano essere la base tramite cui i cittadini avrebbero riacquistato potere sulla politica, permettendo poi a chi fa militanza attiva nel partito di essere parte integrante delle decisioni. Io e molti altri iscritti abbiamo creduto a quelle promesse, contraccambiando con il massimo impegno nella politica locale. Credo che nessuno possa giudicare i militanti locali, dicendo che non hanno dato il massimo o, nel mio caso, che non sono stati all’altezza dei compiti assegnati. Credo però che lo stesso – osserva con amarezza Savignac – non si possa dire dei vertici nazionali e regionali. È passato ormai un anno e mezzo da quando FdI è nato ed è arrivato il momento di giudicare oggettivamente se le promesse fatte sono state mantenute e se la direzione che il partito sta intraprendendo sia quella corretta”.

“Quanto alla promessa di una democrazia eletta dal basso, bisogna prendere atto che su tre elezioni fin qui svolte (politiche, europee e comunali di Ferrara), in nessun caso i candidati sono stati scelti tramite primarie, né tantomeno si è potuto decidere le alleanze. Inoltre i vertici locali, provinciali e regionali, sono tutti stati scelti dall’alto e non dai tesserati. Io stesso – ammette – avrei voluto essere eletto e non scelto, ma ancora oggi questo non è stato possibile”.

“Spesso alla mia insistenza sull’importanza di rispettare queste promesse fatte, mi è stata data un’unica risposta: la mancanza di tempo – prosegue critico l’ormai ex portavoce centese -. Ma quando si continua a rimandare qualcosa di così semplice come le primarie e congressi, che realmente si posso organizzare in 2 settimane appena, significa che non vi è la reale volontà di farli. Ancora non si sa quale sarà il candidato alla presidenza della regione, ma una cosa già si sa: Fratelli d’Italia non organizzerà le primarie e le alleanze saranno decise a Roma tramite soliti accordi da vecchia repubblica”.

Una critica che non risparmia neppure il modo di fare politica in Regione da parte del suo (ex) partito: “La Regione decide su fondi, sanità, infrastrutture, tocca con mano la vita quotidiana delle famiglie e del tessuto lavorativo, influisce sulla sicurezza delle nostre città. Ha gestito tutto il post terremoto.In Emilia Romagna FdI può vantare ben 3 coordinatori e un consigliere regionale, i quali avrebbero dovuto occuparsi di organizzare una strenua opposizione all’operato politico di un consiglio comunale composto da indagati e presieduto da un condannato, tramite azioni concrete, informando l’elettorato del malgoverno e delle disonestà riscontrate, organizzando campagne e mobilitazioni a livello regionale, scendendo nelle piazze. L’attività svolta è stata invece priva del coordinamento e del mordente necessari, limitandosi spesso ad infruttuose interrogazioni. Personalmente, ho fatto notare più volte il mio disappunto, restando essenzialmente inascoltato. Cosa ancor più grave – sottolinea Savignac – i vertici hanno deciso di ricandidare le stesse persone che hanno deluso me e i cittadini che sento di rappresentare. Quelle stesse persone invece di candidarsi, si sarebbero dovute far da parte, per lasciare il posto a nuove figure e nuove professionalità che fin qui si erano attivate in FdI; l’impressione è che in realtà la facciano da padrone nelle scelte dell’intero gruppo”.

Una ‘ribellione’ dettata da un senso di frustrazione verso “un partito che smentisce le stesse regole su cui è stato fondato”. “Se stessi in silenzio – continua Saviganc – avvallerei indirettamente quel modus operandi che in definitiva ha rovinato la politica, che ha deluso militanti e cittadini, che impedisce a tante brave persone di migliorare il nostro paese. Io mi ribello per poter guardare negli occhi con la coscienza pulita i lavoratori, gli imprenditori, gli industriali e in definitiva tutti i cittadini che sanno che di me si possono fidare”. “Lascio con dolore ma devo lanciare un segnale tangibile ai vecchi professionisti della politica: le promesse vanno mantenute, altrimenti saranno loro a dover scendere in piazza per giustificarsi con i cittadini in campagna elettorale,non più i militanti, che hanno sempre messo la faccia per scelte che non dipendevano da loro”.

Savigna lascia essendo consapevole dell’incompiutezza del “progetto di riunificazione del centro destra che avevo in mente”. “Non so chi prenderà il mio posto, ma spero che raccolga il testimone di quel nuovo modo di fare politica che ho portato a Cento. A chiunque sia chiedo di non darbattaglie alle distinte realtà imprenditoriali e associazionistiche presenti sul territorio (come nel centro destra è già capitato), ma anzi di essere per loro un punto di riferimento come auspico di essere stato io. Gli chiedo di continuare a combattere quella sinistra che sta rovinando la città attraverso scelte sbagliate ed un atteggiamento ottusamente chiuso all’ascolto e al confronto”.

Un abbandono, quello di Savignac, che non è però un addio: “La politica rimane una mia grande passione e quando si ripresenterà l’occasione di lavorare ad un progetto politico serio e coerente, riprenderò l’impegno attivo. Per ora – conclude – con tutta l’umiltà possibile, non sarò più a disposizione dei partiti ma solo dei centesi, al servizio dei quali continuerò sempre a mettere il mio entusiasmo, le mie idee, i miei progetti e la mia onestà”.

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