Comacchio
23 Settembre 2014
Pena di un anno per Orioli, Beneventi e Bedeschi.L'avvocato della famiglia: "Processo chiuso con giustizia"

Morì in India, condannati gli imprenditori

di Ruggero Veronese | 3 min

tribunaleGli avvocati di Gabriele Orioli, Paolo Clerici e Guglielmo Bedeschi avevano provato fino all’ultima udienza a mettere in discussione la ricostruzione della procura, riguardo al tragico incidente che costò la vita ad Anacleto Beneventi. Una versione che secondo i legali conteneva “macroscopiche lacune emerse nella fase istruttoria” ma difesa a spada tratta dal pm Alberto Savino, che durante la propria requisitoria la definiva “l’unica ricostruzione logica del fatto”. E, alla fine, il giudizio del tribunale gli ha dato ragione: i tre imprenditori sono stati condannati alla pena di un anno (con sospensione condizionale) per l’omicidio colposo dell’elettricista comacchiese morto nell’aprile 2008 in un cantiere navale indiano. A causa, secondo il tribunale, della violazione delle normative antinfortunistiche.

Si chiude così un lungo ed estenuante processo, reso ancora più complicato dalle particolari circostanze in cui Beneventi perse la vita. Nessun testimone assistette direttamente al drammatico schianto del tecnico 36enne, che fu trovato morto sul ponte della nave cargo in fase di ultimazione al largo delle coste indiane. Un incidente ricostruito solo attraverso i frammentari dettagli a disposizione dei suoi colleghi sul posto o delle ditte che avevano in appalto il progetto: il fragore dello schianto di Beneventi sulla superficie metallica, seguito pochi istanti dopo dal suono dei suoi attrezzi di lavoro, le mansioni in cui era impegnato quel giorno, le procedure di sicurezza in vigore nel cantiere e il percorso di formazione seguito dai lavoratori italiani inviati all’estero dalle tre aziende. Aziende che hanno sempre difeso le misure di prevenzione che vigevano nel cantiere navale imputando la tragedia a uno sfortunato errore individuale.

Una spiegazione chiara dell’accaduto è però sempre mancata da parte dei rappresentanti legali delle società Coe Clerici (appaltatrice), Bedeschi (subappaltatrice) e Bs Impianti (la ditta in cui lavorava Beneventi, alla quale era affidata la stesura della rete elettrica). Le cui perizie si sono limitate a cercare di ‘smontare’ la ricostruzione della procura che indicava in una scaletta a pioli, senza protezione marinara e posizionata a circa 10-12 metri dal ponte della nave, la posizione da cui lo sfortunato tecnico comacchiese perse la vita.

Beneventi stava percorrendo la scala verticale trasportando alcuni cavi e attrezzi in una mano, senza avere in dotazione un imbrago a doppio moschettone che gli avrebbe potuto salvare la vita. Durante la discesa manco la presa con l’unica mano che aveva a disposizione e cadde all’indietro, oltrepassando il parapetto pochi metri più in basso e precipitando per oltre 10 metri sul ponte della nave. Questa la versione fornita dalla procura e che è stata avvalorata dalla sentenza odierna del tribunale. Del resto due dei tre imputati (Bedeschi e Clerici) avevano già trovato un accordo privato con la famiglia di Beneventi, costituitasi parte civile attraverso l’avvocato Marco Linguerri. E con la sentenza di oggi anche Orioli dovrà versare un risarcimento ai genitori del tecnico comacchiese, che verrà quantificata in sede civile. “È stato un processo molto lungo e faticoso – è il commento dell’avvocato Linguerri dopo il pronunciamento della sentenza -, ma che alla fine si è concluso con giustizia”.

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