2 Settembre 2014
Craniotomia da sveglio a un paziente rumeno: Marianna Golub ha tradotto all'equipe le sue sensazioni e percezioni

Quando il mediatore linguistico fa la differenza sotto i ferri

di Redazione | 3 min

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ImmagineUn intervento complesso che lo diventa ancora di più quando subentra una barriera linguistica che rende difficile la comunicazione tra medico e paziente. L’équipe guidata da Michele Cavallo, direttore dell’Unità Operativa di Neurochirurgia dell’azienda ospedaliero – universitaria Sant’Anna di Ferrara mercoledì 9 luglio ha eseguito un intervento di craniotomia con paziente sveglio (awake craniotomy) per trattare un tumore al cervello.

Il team non è certo nuovo a questo tipo di interventi che affronta regolarmente. La particolarità è stata che il paziente è di nazionalità romena e quindi non parlava né capiva la lingua italiana. Perchè il successo dell’operazione è stata quindi determinante la partecipazione in sala operatoria della mediatrice culturale e linguistica Marianna Golub che ha seguito tutte le procedure, senza manifestare timore o difficoltà. La sua collaborazione ha permesso ai medici di monitorare e controllare il linguaggio del paziente durante le delicate fasi dell’asportazione del tumore e lo ha seguito poi in reparto quando l’intervento è terminato.

Questo servizio di mediazione culturale e linguistica – già presente da anni nella quotidianità della vita ospedaliera – esteso anche all’ambito della sala operatoria, ha rappresentato un valore aggiunto importantissimo che si è unito alla professionalità del personale sanitario che ha seguito il caso. “Ringrazio la mediatrice culturale che si è prodigata oltre il dovuto in questo delicato e per lei probabilmente insolito servizio – afferma il dottor Cavallo – e, ovviamente, tutto lo staff presente in sala operatoria: medici infermieri, tecnici e Oss che hanno permesso di ottenere un ottimo risultato”.

Non solo il punto di vista clinico, ma anche quello umano e relazionale. Questi sono solo alcuni degli elementi di un intervento così complesso che ha dato la possibilità di osservare la medicina da un differente punto di vista. Marianna Golub, 38 anni e di nazionalità Moldava, ha conosciuto il paziente prima dell’intervento aiutandolo nelle fasi preparatorie e spiegando tutti i passaggi non solo al diretto interessato ma anche ai suoi famigliari. L’uomo, un 59enne che lavora nel settore agricolo, padre e nonno di famiglia, era giunto all’ospedale di Cona in seguito a numerosi svenimenti e – dopo gli opportuni accertamenti – gli è stato diagnosticato un tumore al cervello da rimuovere attraverso un’operazione chirurgica. Qui inizia il percorso che si intreccia con la mediatrice che lo segue passo a passo e aiuta la comunicazione tra lui e i sanitari.

Il primo incontro con la mediatrice è il 7 di luglio quando si è svolto un colloquio con la psicologa che l’ha sottoposto ad alcuni esami di carattere cognitivo per verificare la sua capacità di riconoscere gli oggetti e pronunciare correttamente il loro nome. Il secondo incontro è avvenuto con l’anestesista che ha spiegato come si sarebbe svolto l’intervento e cosa sarebbe successo una volta svegliato durante la craniotomia.

Al momento dell’intervento c’è stato anche l’incontro con il dottor Cavallo e la sua équipe. L’intervento, molto complesso, ha previsto diverse fasi: in una di queste è stata fondamentale la presenza della mediatrice perché mentre il neurochirurgo stimolava alcune zone del cervello, la psicologa poneva delle domande al paziente. Tutto questo si è rivelato fondamentale per preservare le funzioni cognitive dell’uomo e perché l’intervento avesse buon esito. Il paziente, durante tutto il suo percorso all’interno della struttura, si è sempre dimostrato tranquillo e fiducioso nei confronti delle persone che lo seguivano e ha ripetuto più volte “Io no paura, niente nervi (non sono nervoso, ndr), niente stress, niente emozii (non ho nessuna emozione, ndr),… io curioso!”.

Anche dopo l’operazione, al ritorno in reparto, l’ausilio della mediatrice è stato importante. Infatti la prima persona che ha visto F. è stata la moglie. Ed è stata Marianna a rispondere a tutte le domande della donna e a fare da tramite fra i medici e la famiglia. Un intervento unico nel suo genere che, secondo i responsabili dell’equipe medica, “mette in risalto l’importanza di un team interdisciplinare pronto ed aperto a nuove esperienze”.

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