Economia e Lavoro
2 Agosto 2014
Nell'incontro in Regione chiesta l'attivazione di un coordinamento interregionale sui siti dell'azienda

Vertenza Eni, sindacati ancora preoccupati

di Redazione | 4 min

unnamedL’attenzione dei sindacati sulla questione Eni è sempre più alta, tanto che hanno chiesto ieri alla Regione il coinvolgimento delle parti sindacali nelle relazioni dirette con Eni e di attivare un coordinamento interregionale per focalizzare l’attenzione sui siti integrati di Ferrara, Mantova, Porto Marghera e Ravenna. Nello stesso tempo è stato lanciato un appello al governo affinché in questa vertenza non svolga una mera funzione di “mediazione”, ma stabilisca “quale politica industriale e quale futuro per la chimica italiana e, come azionista, quali piani industriali e investimenti farà Eni nel nostro Paese e non solo in Mozambico, Congo e Angola”.

L’incontro in Regione – al quale hanno partecipato l’assessore alle attività produttive Luciano Vecchi, le istituzioni locali di Ravenna e Ferrara, Cgil-Cisl-Uil regionali e le federazioni di categoria regionali e dei territori di Ravenna e Ferrara di Filctem-Cgil, Femca-Cisl e Uiltec Uil – si è tenuto per valutare i possibili sviluppi e le conseguenti ricadute anche in Emilia Romagna a seguito delle dichiarazioni del nuovo amministratore delegato Eni in merito alle scelte di una totale rivisitazione degli impegni assunti in precedenza. Un incontro che è arrivato al termine di una settimana che ha visto una mobilitazione a livello nazionale di tutto il gruppo Eni, con lo sciopero e la manifestazione davanti a Montecitorio a Roma del 29 luglio e gli incontri presso il Ministero dello Sviluppo Economico del 30 e 31 luglio, alla presenza del Ministro, tra il management di Eni e le Federazioni di Categoria Nazionale, nel corso del quale l’azienda ha fatto dietrofront rispetto alle dichiarazioni delle ultime settimane, che gettavano forti dubbi sulla realizzazione delle opere programmate in Italia (in particolare a Gela e Porto Marghera), soprattutto dopo l’annuncio di investimenti per 50 miliardi in Africa centrale nel settore estrattivo. Nel verbale sottoscritto al termine dell’incontro presso il Ministero, infatti, i sindacati avevano dichiarato chiuse le mobilitazioni ed Eni si era impegnata a rispettare tutti gli accordi sindacali sottoscritti nel 2013 e nel 2014 e a risolvere il problema di autorizzazioni ambientali che tiene ancora fermo l’impianto cracking di Porto Marghera.

Ma il timore dei sindacati che le recenti dichiarazioni possano non corrispondere a fatti concreti da parte di Eni resta alto, tanto che nel corso dell’incontro in Regione è stato ricostruito il percorso di questi ultimi anni di relazioni industriali, partendo dagli annunci del precedente Ad di Eni di importanti investimenti nella chimica e nella raffinazione, volti a rilanciare questi settori industriali strategici per il Paese, fino ad arrivare alle posizioni che fino a qualche giorno fa prevedevano un forte disimpegno in Italia.

“La principale conseguenza – spiegano i sindacati – sarebbe una pericolosa deindustrializzazione dovuta a tagli e chiusure di raffinerie e messa in discussione della ripartenza del cracking di Porto Marghera, che produrrebbe effetti devastanti sull’approvigionamento della materia prima per il quadrilatero padano (Ferrara, Mantova, Porto Marghera e Ravenna) oltre a pesanti ripercussioni sull’occupazione, così come l’indebolimento di tutta la struttura produttiva dell’intera Area Padana e più in generale di tutto il sistema industriale italiano, che da estrazione, raffinazione, chimica, gas e produzione elettrica trae gli elementi base fondamentali per interi cicli e filiere produttive”.

La preoccupazione su Ferrara riguarda anche Versalis, società che gestisce la chimica Eni, che anche in Emilia Romagna “ha rallentato gli investimenti annunciati e continua a rimandare i piani per l’avvio della produzione di nuovi prodotti (gomme speciali)”. “Infatti – commentano i sindacati di categoria – se non c’è certezza rispetto alle forniture dei monomeri, tutto il sistema diventa vulnerabile e a rischio non ci sarebbe solo la marcia degli impianti (cosa già verificatasi in questi mesi per il fermo di Porto Marghera) ma le future scelte di permanere nelle aree attrezzate da parte di imprese collegate (vedi Lyondellbasell) o decisioni di nuovi insediamenti, oltre alla sostenibilità dei costi per i servizi, la logistica, energetici, ecc. nella gestione dei petrolchimici”.

Dal summit in Regione sono quindi scaturite diverse richieste a Eni. Innanzitutto quella di assicurare la tenuta complessiva del sistema industriale chimico ed energetico italiano, a partire dall’integrità e dalle sinergie del quadrilatero Padano, dando certezza alle forniture delle materie prime che devono arrivare dal cracking di Marghera. Per superare i ritardi, inoltre, a Eni viene chiesto di realizzare velocamente tutti gli investimenti, dal completamento del “progetto integrazione attività Eni” (butene 1) all’SBR-S indispensabili per la tenuta e il futuro dello stabilimento di Ravenna, al nuovo impianto di Elastomeri EPDM a Ferrara e garantire la sostenibilità dell’impianto X del polietilene. All’azienda viene inoltgre chiesto di modificare le strategie di Ricerca e Sviluppo “che non devono occuparsi solo delle licenze internazionali ma realizzare progetti utili al consolidamento e sviluppo dei Business in Italia”, nonché di ripensare a tutto il sistema commerciale di Versalis “che risulta debole per la vendita dei nostri prodotti in un mercato europeo in crescita”.

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