Lettere al Direttore
24 Luglio 2014

Chiarimenti sulla Legge 194

di Redazione | 3 min

Ricordiamo che l’UDI da sempre si è misurata con la gestione delle leggi, e tra queste la L. 194 del 1978, una legge nazionale che ha come linee di indirizzo la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria di gravidanza.

Come movimento delle donne ci siamo misurate nella maggior parte dei casi, e anche scontrate, con le strutture sanitarie e le istituzioni per l’applicazione integrale della legge 194, in particolare nei suoi principi fondamentali:

l’aborto non è un metodo di controllo delle nascite;

per prevenirlo la pratica fondamentale è la contraccezione;

l’interruzione di gravidanza è consentita a determinate condizioni;

spetta alla donna la decisione finale.

È prevista la prevenzione dell’aborto, ma mai la persuasione all’interruzione di gravidanza, perché il percorso è sobrio e mirato a garantire la salute psico-fisica della donna e i soggetti dell’accertamento sono rigorosamente strutture pubbliche. Si rileva in tal modo la volontà del legislatore di garantire alla donna una scelta libera e responsabile, al riparo da pressioni di natura ideologica o religiosa.

Per questo noi come UDI abbiamo sempre sostenuto l’importanza e la necessità di far rispettare la legge, soprattutto in quella parte che riguarda la prevenzione, valutata molto importante.

Noi abbiamo sempre richiesto e continueremo a richiedere la riorganizzazione e il rafforzamento dei Consultori familiari e Consultori giovani, per sviluppare ed applicare la prima parte della legge, che vuol dire portare avanti con impegno l’educazione alla sessualità e alla contraccezione.

Qualche cosa è stata fatta, ma sono stati interventi sporadici ed insufficienti rispetto alla nuova realtà di vita dei giovani e delle ragazze. Occorrono interventi mirati sull’educazione sessuale e informazione sui metodi contraccettivi nei luoghi dove vivono i giovani, in primo luogo nelle scuole, per una conoscenza e un rispetto dell’altro e dell’altra, una consapevolezza e responsabilità per vivere la sfera affettiva, sessuale e riproduttiva, in modo sereno e felice.

Riaffermiamo che questa legge ha contribuito in larga misura a ridurre il fenomeno della clandestinità, che ha provocato una forte mortalità fra le donne. Non solo, ma dai dati nazionali e della nostra provincia risulta che negli ultimi anni si è riscontrata una diminuzione degli aborti, in particolare fra le italiane, pur in presenza di popolazione femminile immigrata che come mostrano i dati vi ricorre più spesso.

Crediamo che non debbano essere sottovalutate le gravi condizioni sociali, economiche e culturali, che a volte costringono le donne a decidere per l’aborto, proprio per le disagiate situazioni in cui si trovano sul piano individuale e familiare. Non si arriva a decidere per incoscienza e per disprezzo della vita.

Non va sottovalutato infine l’elevato e crescente numero dei medici obiettori di coscienza, non sempre giustificato, che crea ulteriori difficoltà e in definitiva viola i diritti delle donne. Proprio per questo motivo l’Italia è stata oggetto di un pronunciamento del Consiglio d’Europa.

UDI e Gruppo Salute Donna

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