Cronaca
8 Giugno 2014
Il fotografo Carlo Monte mostra cosa si nasconde all'interno di un piccolo gioiello caduto in rovina

Viaggio al Palaspecchi, dove il futuro è già appassito

di Ruggero Veronese | 3 min

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fotografie di Carlo Monte

“Ferrara, noia, curiosità. Tre ingredienti che mi hanno portato in un posto in cui non ero mai stato”. È con queste parole che il fotografo Carlo Monte racconta l’inizio del suo ‘viaggio’ all’interno di uno dei luoghi più vicini ma allo stesso tempo più lontani dagli occhi e dalla mente dei ferraresi: il Palazzo degli Specchi. Testimoniando attraverso il suo obiettivo le drammatiche condizioni in cui versa quello che nel 1985, quando il Comune di Ferrara rilasciò i primi permessi edilizi, doveva essere uno dei fiori all’occhiello della città.

Quasi un piccolo pezzo di Manhattan trapiantato a due chilometri dal ghetto ebraico e dal Castello Estense di Ferrara, quel palazzo che ancora oggi – visto da lontano – appare come una scintillante e moderna struttura di vetro e cemento, pronta ad ospitare appartamenti, uffici e servizi pubblici. Niente di più lontano dalla realtà, se si guardano le foto che ritraggono gli interni del Palaspecchi.

“Puzza di urina, escrementi ovunque, vetri rotti, muri fatti a pezzi. Insomma, non c’era nulla al posto suo o di intero – commenta Carlo Monte, che ringraziamo per aver voluto condividere la propria testimonianza, nel presentare il suo reportage fotografico -. Tutto in questo posto appartiene al passato, ai barboni e alle persone malvagie che provano gioia nella distruzione”. E la realtà dei fatti è sotto i vostri occhi in queste immagini. Immagini tutt’altro che confortanti se si pensa alla quantità di risorse sprecate per la costruzione dell’edificio e che dovranno essere impiegate per riportarlo a condizioni accettabili.

I lavori per il Palaspecchi si conclusero nel 1989, appena tre anni dopo la partenza dei cantieri. 48mila metri quadri, per un valore all’epoca di circa 500 miliardi di lire, che avrebbero dovuto ospitare circa 7mila persone, assieme a un hotel di lusso e a uffici degli enti pubblici. Tutto realizzato per mano della CoopCostruttori di Giovanni Donigaglia su commissione della Società Estensi. Il cui titolare Gaetano Graci (socio assieme a Francesco Finocchiaro) fu arrestato all’indomani della conclusione dei lavori per i suoi presunti rapporti con il clan mafioso di Nitto Santapaola. Tutto venne sequestrato. E di quel piccolo e inaccessibile pezzo di Manhattan rimase solo lo ‘skyline’ visibile dalla tangenziale e da via Bologna.

Ma questa, in fondo, è storia nota. Col passare degli anni il degrado si è impadronito del palazzo, mentre a cadenza regolare si tornava a parlare di progetti di recupero e di investitori pronti a erogare risorse per rivalorizzare lo stabile. Negli ultimi mesi l’ultimo e – si spera – definitivo annuncio: un accordo tra Acer e Cassa Depositi e Prestiti per circa 270 alloggi con un canone leggermente inferiore ad un affitto mensile medio. Il tutto per una cifra di 45 milioni di euro: “Un accordo con la Cassa Depositi e Prestiti – sono le parole pronunciate meno di due mesi fa del sindaco Tiziano Tagliani – ci fornirà una copertura del 70% della somma mentre del restante 30% si occuperà la vecchia proprietà, i nuovi soggetti costruttori e, in minima parte, il Comune con Acer”. Per restituire ai ferraresi quel piccolo gioiello che da 25 anni attende di presentarsi alla città.

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