Se niente importa
3 Giugno 2014

Green Hill, l’epilogo

di David Zanforlini | 4 min

In data 18 giugno 2012 i legali che erano entrati nel sito di Green Hill depositavano a nome di Legambiente un esposto in cui narravano quello che avevano visto e le considerazioni giuridiche a suffragio della richiesta dell’azienda e di tutti i cani detenuti nell’allevamento.

Dopo poco più di una settimana la LAV si accodava nell’iniziativa giudiziaria.

Il 18 Luglio 2012 il Procuratore Aggiunto Dott. Sandro Raimondi ed il Sostituto Procuratore Dott. Ambrogio Cassiani, in seguito agli esposti citati, eseguivano il sequestro probatorio della struttura appartenente alla Green Hill s.r.l., e di tutti i cani presenti e nascituri; due giorni dopo veniva disposto l’affidamento di tutti i beagles ivi detenuti alle associazioni denuncianti Legambiente e Lav, le quali, a partire dal 27 Luglio 2012, iniziarono le operazioni di sub-affido ai privati, dapprima presso il Corpo Forestale dello Stato di Brescia, in un secondo momento presso il piazzale antistante l’allevamento, a Montichiari.

Le operazioni di sub – affido durarono tutta l’estate, con grande dispiego di personale del Corpo Forestale dello Stato e di volontari appartenenti praticamente a tutte le associazioni animaliste presenti sul territorio nazionale, le quali sopportarono condizioni ambientali torride ed uno stato dei luoghi certo non ospitale per eseguire il provvedimento giudiziario di sequestro il più velocemente possibile. Alla fine del mese di Agosto, ad ogni modo, i capannoni vennero completamente svuotati e più di 2.700 beagle trovarono per la prima volta il calore e l’affetto di una famiglia.

Questa storia di vita, di dolore e di speranza, non può essere solamente un monito ad un’attenta interpretazione normativa. In realtà è una storia anche e soprattutto di persone, che sono state conniventi di un sistema deteriore non solo produttore di sofferenza, ma rivolto inumanamente ad ottenere profitto come unico scopo, senza pensare anche solo in parte a tutelare i diritti degli animali (seppure riconosciuti solamente in via mediata dalla legge); si è rivelata, in ultima analisi, una storia che ha violato i diritti delle persone, di tutte quelle persone che richiedono, da sempre, che il nostro Paese funzioni lavorando e facendo lavorare, ma in modo lecito e rispettose delle regole.

Non bisogna pensare che i cattivi non siano solo coloro che materialmente hanno allevato in questo modo, ma anche tutti coloro che non hanno fatto nulla per impedirlo. Non deve sempre accadere che si debba attendere l’intervento di un gruppo di cittadini che si sostituisca in concreto all’inazione degli organi pubblici deputati alla verifica dell’attività zootecnica.

E’ pur vero che il problema concreto da affrontare consiste, spesso, nella circostanza che anche quando si vorrebbe porre rimedio ad una situazione iniqua, ci si trova nel dilemma di bilanciare interessi trasversali, che possono essere i più svariati: nel nostro caso, ad esempio, la tutela della ricerca scientifica, ma, anche, senza andare a discutere dei massimi sistemi, la tutela dell’occupazione del parente o del figlio in quella data azienda, e così via dicendo.

Ma qual è la soluzione a questo dilemma? Quando, cioè, gli appelli al potere sono inutili, e quelli alla coscienza popolare anche?

Pare di potere percepire che sia gli spettatori inattivi, che i rei facciano parte della stessa schiera di opportunisti, interessati solo alla reputazione e al denaro.

Alla fine l’unica soluzione è come sempre la conoscenza: solo consentendo a tutti di conoscere quanto avviene e come avviene è possibile avere risposte e soluzioni condivise, è possibile comprendere gli eventi e, non ultimo, essere tutti cittadini più civili e responsabili.

Un ultima annotazione, non certamente giuridica, ma necessaria per comprendere il legame particolarissimo fra l’Uomo e il Cane. Una storia letta qualche anno fa sulla pagina di un quotidiano nazionale.

Tanto tempo fa quando l’Uomo combatteva quotidianamente per la propria vita, in un ambiente ostile come era la savana, doveva contendersi il primato con un altro predatore organizzato e estremamente pericoloso: il Lupo.

Come sappiamo vinse l’Uomo. Ma come?

Addomesticò il Lupo. Lo trasformò in Cane.

L’effetto fu non solo che non dovette più contendersi il primato con questa altra specie, ma che li addestrò a lavorare per Lui, a fare la guardia.

Così facendo poté finalmente dormire, di un sonno profondo, non più il dormiveglia di quando doveva sorvegliare che i predatori notturni non attentassero alla sua vita, ma di un sonno che gli consentì di sognare. E sognando l’Uomo sognò e comprese l’esistenza di Dio.

Per questo i Cani ci hanno fatto il dono più grande: ci hanno regalato Dio”.

Purtroppo non posso fare onore a chi ha raccontato questa storia che mi è rimasta nella mente e che ho solo riassunto, spero che non me ne vorrà, ma mi sembrava la giusta chiusura al racconto di questa impresa che ha salvato, comunque, duemilasettecento cani.

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