Cronaca
24 Aprile 2014
Aziende del Consorzio in tribunale per un grave infortunio sul lavoro avvenuto nel 2011

Cede il pavimento a Cona e operaio precipita

di Ruggero Veronese | 3 min

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admin-ajax (1)I cantieri dell’ospedale di Cona ancora nel mirino della procura, ma questa volta a far discutere non sono progetti, varianti o appalti. A dover rispondere a vario titolo alle accuse di lesioni colpose e mancato rispetto delle normative di sicurezza sono infatti cinque dei tecnici e imprenditori responsabili dei lavori, imputati  per un singolo episodio – avvenuto il 18 marzo 2011 – che costò molto caro a un operaio 37 enne. Vincenzo De Brando era sul cestello mobile di un autocarro per svolgere alcuni lavori di coibentazione, quando le lastre della pavimentazione cedettero sotto al peso del mezzo, ribaltandolo su un fianco e facendo precipitare il lavoratore per circa otto metri. Uno schianto terribile che costò all’uomo una placca permanente al bacino, un polmone forato, una spostamento di quasi 5 centimetri della colonna vertebrale e varie costole rotte, costringendolo a letto per circa otto mesi, dopo diversi interventi chirurgici, e a una disabilità lavorativa permanente.

Un incidente di cui si interessò subito l’Ausl con la direzione territoriale del lavoro, che rilevò come il fatto avvenne in una zona non carrabile ma non segnalata. L’autocarro, in poche parole, non si sarebbe potuto trovare lì, ma la totale assenza di divieti o di recinzioni non consentì all’operaio di rendersi conto del pericolo. Un fatto per cui il Consorzio Cona e la ditta Siriam sono già stati contravvenzionati all’indomani dell’incidente e da cui ora scaturisce anche l’accusa della procura per lesioni colpose: tra gli imputati spicca il nome di Guglielmo Malvezzi (capo commessa per il Consorzio Cona, imputato anche nel processo ‘maggiore’ sugli appalti dell’ospedale), oltre a quelli di Lorenzo Venturelli (direttore tecnico del consorzio), e di Giuliano Grandi e Giorgio Loncrini (rappresentanti della Siriam). L’ultimo imputato è invece Giuseppe De Stefano, titolare dell’azienda che ricevette in subappalto i lavori di coibentazione, accusato di non aver adeguatamente formato e informato il proprio personale sui pericoli del cantiere e sull’utilizzo della piattaforma mobile.

Durante la prima udienza, dopo la testimonianza dell’ispettrice dell’Ausl che ha descritto la zona dell’incidente, compare in aula anche lo stesso De Brando per raccontare i suoi ricordi del terribile incidente. Quella mattina la ditta di De Stefano era una delle uniche a trovarsi sul posto, visto che alcune aziende avevano deciso di fare ‘ponte’ tra le festività e il fine settimana. L’operaio doveva lavorare in un ampio sottopassaggio per i mezzi di servizio sotto al livello della strada, dove trovò il mezzo a pochi metri da dove lo aveva lasciato la sera prima. Dopo aver fatto manovra per portarlo sotto alle tubature da coibentare, l’uomo entrò nel cestello per salire fino a circa otto metri di altezza. In una frazione di secondo accadde l’impensabile: una lastra della pavimentazione cedette sotto al peso dell’autocarro, che si inclinò su un fianco e si ribaltò insieme alla piattaforma mobile. L’impatto per De Brando fu tremendo ma, fortunatamente, non fatale: l’operaio non sa riferire con precisione se e per quanto tempo rimase svenuto, ma una volta ripresi i sensi fu soccorso da un giovane lavoratore del cantiere che chiamò aiuto.

La mancanza di segnaletica e di recinzioni è stata confermata in tribunale anche da Luigi De Stefano, che quel giorno sostituiva il fratello come capo cantiere e che era con De Brando pochi minuti prima dell’inizio dei lavori. Per quanto riguarda invece l’aspetto della formazione professionale, l’operaio ha affermato di aver partecipato a una lezione sulla sicurezza nel cantiere e di aver firmato, pur senza leggerlo del tutto, il documento in cui si attestava la sua preparazione sull’argomento, ma ha specificato anche di non aver mai ricevuto una formazione specifica sull’utilizzo della piattaforma mobile.

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