Eventi e cultura
19 Aprile 2014
Chiude in bellezza la stagione di danza del Teatro Abbado

Quando i cigni diventano neri

di Redazione | 3 min

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(foto John Hogg)

(foto John Hogg)

di Federica Pezzoli

Il Lago dei cigni è forse il balletto classico di grande repertorio, quello più noto e più amato al mondo, il punto più alto della tradizione ballettistica, capace di incantare qualunque platea. È il capolavoro in cui pescare senza fine come da un baule di meraviglie, fertilissimo di idee, letture, interpretazioni: dalla quella psicanalitica di Rudolf Nureyev, con il principe Sigfried che assume amletiche incertezze di gender, al remake alternativo di Mats EK e, infine, quello di Mattew Bourne, in cui non ci sono più incertezze perché entrambi i protagonisti e tutti i cigni sono maschi. Mancava forse, come afferma la critica Elisa Guzzo Vaccarino nell’incontro fra pubblico e compagnia al termine dello spettacolo, “uno sguardo da lontano, nel tempo e nello spazio”, che ci desse la possibilità “di vederlo con occhi freschi”. Ed è proprio quello che fa il Dada Masilo’s Swan Lake, della giovanissima coreografa sudafricana, definita dai suoi stessi danzatori “una straordinaria generatrice di movimento”.

Fin dall’inizio è chiaro che quello a cui si assisterà è una versione del tutto originale del classico: ad entrare in scena non sono leggiadre ed eteree fanciulle, ma performers dalla solida presenza scenica, che avanzano quasi come a simulare una marcia immersi in un ambiente acquatico creato dal blu che regna sullo sfondo e sul linoleum sul palcoscenico e da proiezioni che evocano gocce d’acqua in un lago. Si aggiunga un tocco di ironia che inizia con l’entrata di una sorta di maître de ballet che spiega al pubblico quale sia la reale opinione dei non ballettomani sulla danza classica. “Tutti i balletti che abbiamo visto potrebbero riassumersi in un unico balletto il cui titolo generico potrebbe essere Ragazze in tutù al chiaro di luna”. Niente di più lontano dalla personale rielaborazione di Dada Masilo che è imbevuta dei contrasti della vita reale, quelli allegri e quelli tragici.

L’organizzazione del matrimonio rituale fra la bella Odette –interpretata dalla stessa Dada Masilo – e il principe Siegfried, divertentissima ed estremamente colorita, si confronta con la riluttanza del principe, insensibile alle lusinghe della ragazza e tutto concentrato nella propria interiorità. La comparsa di una Odile al maschile lo sveglia dal torpore e fa comprendere a tutti il motivo di tanta indecisione. È la vera natura di Siegfried che, finalmente, esce allo scoperto affrontando il mondo quando il suo Odile ne rivendica con prepotenza il possesso in una furiosa lotta per l’uomo contro Odette, lotta dalla quale esce vincitore, ma di cui Siegfried dovrà subìre l’onta, additato dalla comunità come “diverso” e “colpevole”. Progressivamente l’umorismo iniziale lascia spazio a una presa di coscienza del valore della diversità: ecco perché tutti i ballerini, maschi e femmine, indossano tutù bianchi che si distinguono gli uni dagli altri solo grazie a piccoli dettagli. Siamo tutti uguali perché tutti diversi. E se nella prima parte è andata in scena una vitalistica amalgama tra la tecnica classica, giocata sulla verticalità, e la danza africana, molto più legata alla relazione con il terreno e ancora impregnata di significati ancestrali, nelle fasi finali la coreografia diventa lirica e magnificamente espressiva. Prima un passo a tre di Odette, Odile e Sigfried sulle note de La Morte del Cigno di Saent-Saëns, poi un ensemble affidato alle sole braccia dei danzatori, vestiti di una sola lunga gonna nera, che uno alla volta cadono a terra morti: una poetica e struggente denuncia della piaga dell’Aids che sta falcidiando il continente africano.

Grazie all’intelligenza, alla schiettezza, alla freschezza e all’ironia con cui la coreografa ha saputo approcciarsi a questo classico romantico, Dada Masilo’s Swan Lake è la dimostrazione che il balletto, lungi dall’essere solo un affare da ragazze in tutù al chiaro di luna, è un linguaggio universale capace di svelare nuovi risvolti a chi lo sa guardare con occhi curiosi e aperti sul mondo.

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