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16 Aprile 2014
Mostra al Palazzo Reale di Milano che racconta l’intero percorso dell’artista

Bernardino Luini e i suoi figli

di Redazione | 5 min

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Rimarrà aperta fino al 13 luglio la mostra Bernardino Luini e i suoi figli. L’evento ospitato nelle sale del piano nobile di Palazzo Reale di Milano e nella sala delle Cariatide, racconta l’intero percorso dell’artista, dalle ricerche giovanili ai quadri della maturità, con un occhio costante, da un lato, al lavoro dei suoi contemporanei (Bramantino, Lorenzo Lotto, Andrea Solario, Giovanni Francesco Caroto, Cesare da Sesto e molti altri); dall’altro, alla traiettoria artistica dei figli di Luini, e in particolare del più piccolo Aurelio. Un intero secolo di arte lombarda è dunque di scena a Palazzo Reale, attraverso tele, tavole, disegni, affreschi staccati, arazzi, sculture in legno e in marmo, codici miniati, volumi a stampa.

Il percorso espositivo presenta una selezione di duecento opere provenienti soprattutto dalle raccolte milanesi (dalla Madonna del Roseto della Pinacoteca di Brera al Gesù Bambino dell’Ambrosiana, dal Sant’Antonio del Poldi Pezzoli al ciclo con ritratti sforzeschi del Castello Sforzesco), ma integrate da significativi prestiti europei (per esempio il Louvre e dello Jacquemart-Andrè di Parigi, dall’Albertina di Vienna, dal Szépmüvészeti Museum di Budapest) e americani (dai musei di Houston e di Washington). Il progetto, oltre ad essere la più grande retrospettiva mai dedicata a uno dei protagonisti dell’arte del Cinquecento in Lombardia, è anche una saga familiare, quella di Bernardino e dei suoi figli appunto, che vivono in un contesto di questa concretezza dell’agire dell’artista, dentro le pratiche di bottega: un modo di procedere ben diverso dalle mitologie romantiche.

I curatori Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa affermano: “La mostra di Luini è nata dentro la scuola – nel disegnare questo progetto, infatti, ci siamo mossi come insegnanti e non (solo) come studiosi, coinvolgendo direttamente i nostri allievi all’Università Statale nel momento di preparazione della manifestazione: hanno collaborato infatti sia studenti di diciotto anni che giovani studiosi che si sono formati con noi”. Bernardino Luini è stato per secoli un pittore amato e osannato. Negli anni in cui fu a Milano, in Lombardia e nel Canton Ticino (tra 1510 e 1530 circa) venne apprezzato in sommo grado e conteso da committenti nobili e ordini religiosi in virtù di quel suo inconfondibile stile, facile, accattivante, dolcemente accademico, che divenne un vero e proprio “marchio di fabbrica” fin quasi allo scadere del XVI secolo. Nel Seicento Federico Borromeo lo additò ai pittori dell’Accademia Ambrosiana quale esempio da seguire nei dipinti a destinazione devozionale.

E quando nel Settecento venne aperta l’Accademia di Brera, Andrea Appiani e Giuseppe Bossi non esitarono a considerare Luini e il suo accademismo un “prototipo” del Neoclassicismo. Con l’Ottocento la fortuna di Luini venne alimentata dal proliferare di stampe e riproduzioni, mentre in parallelo alcuni suoi cicli di affreschi finirono nel mirino dei pittori “astrattisti” che li strapparono dalle sedi d’origine per avviarli a pinacoteche civiche e nazionali ma anche sul fiorente mercato artistico del tempo. Analogamente, l’Europa si innamorò del pittore: letterati come Stendhal, Balzac e Ruskin scrissero parole alate su di lui, definendolo il “Raffaello di Lombardia”. Il crollo verticale della fortuna di Luini avvenne nel Novecento.
Nel secolo delle Avanguardie il suo accademismo dolciastro giunse a noia. Studiosi influenti come Berenson cominciarono a snobbare il pittore, accorpandolo a tristi epigoni leonardeschi. Solo dopo la Seconda guerra mondiale ci si accorse finalmente dell’esistenza del “malinteso” Luini (l’aggettivo è di Roberto Longhi).

Ci vollero dapprima due mostre pionieristiche per farlo rivivere – una a Como nel 1953 e una a Luino nel 1975 – ma nonostante tutto gli studiosi rimasero indifferenti e così il pubblico. Ma ora la mostra “Bernardino Luini e i suoi figli” prospetta una nuova rivisitazione dell’artista e della sua cerchia e una partecipazione calorosa del pubblico. La mostra è divisa in dodici sezioni, con progressione cronologica e “soste” tematiche su luoghi significativi come Villa Pelucca o Santa Marta, oppure su i generi rilevanti come il ritratto o la pittura devozionale. Luini non è solo, ma è ampiamente circondato da tutti i grandi maestri del suo tempo (Leonardo compreso, qui presente con la Scapigliata di Parma). Bernardino Luini si chiamava in realtà Bernardino Scapi, era nato a Dumeza (presso Luino) attorno al 1480 da una famiglia d’ortolani e commercianti di ortaggi e castagne, con il banco a Milano. La sua formazione è un vero mistero. Certamente presente a Milano nel 1501, il giovane ha davanti a sé notevoli modelli, come documenta la prima sezione della mostra: Foppa, Bergognone e qualche emulo di Leonardo da Vinci (che ha appena lasciato Milano) come il Maestro della Pala Sforzesca. Ma Luini lascia Milano per il Veneto (seconda sezione della mostra). Qui colpito dai maestri locali e da Lorenzo Lotto, realizza le sue prime opere di rilievo. Nel 1508 Luini è di nuovo a Milano (terza sezione), impianta la sua bottega e si riallinea alla cultura figurativa milanese dominata da Leonardo Luini guarda con interesse a Bramantino ma, soprattutto, a Leonardo che adulcora in piacevoli fattezze, così la sua ricetta poetica è destinata a conquistare successi, apprezzamenti e molta clientela. Con gli anni ’10 cominciano a piovere le commissioni, affreschi e polittici per chiese, ma anche cicli di affreschi profani, come quella che gli ordina Gerolamo Rabia per la Villa suburbana della Pelucca presso Sesto San Giovanni (quarta sezione).

La quinta sezione è dedicata alle “occasioni di Bernardino”: relazioni personali e lavorative con un maestro della generazione precedente, Bernardo Zenale.
La sesta è chiamata “L’invenzione della formula”: e cioè la messa a punto di uno stile “definitivo”. La settima è chiamata Santa Marta: Luini e il suo rapporto con la mistica Arcangela Panigarola e il Circolo dell’eterna Sapienza che gravita intorno alla chiesa milanese di Santa Marta, un focolare filo francese.
L’ottava sezione prende il nome di “Volti”. Qui l’abilità di Luini come ritrattista dei suoi contemporanei viene esaltata e messa in scena. La nona sezione ha il titolo di “Dopo Roma”. Per Luini andare nell’urbe troppo tardi non influì molto nel suo agire pittorico. Nella decima sezione “Invecchiare con successo” appaiono le grandi commissioni pubbliche e la riproducibilità delle invenzioni leonardesche. L’undicesima sezione “Casa degli Atellani” ricostruita in una sala di Palazzo Reale, grazie all’architetto Piero Lissoni, vengono esposte una rassegna di effigi dei duchi di Milano. Nella Sala delle Cariatidi la dodicesima sezione “Una complicata eredità”, va in scena la carriera di Aurelio Luini, il figlio più dotato di Bernardino.

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