Cronaca
29 Marzo 2014
Anche gli avvocati difensori mettono sotto pressione tecnici, consulenti e impiegati chiamati a testimoniare

Processo Cona, fine della concordia tra gli imputati

di Ruggero Veronese | 5 min

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cona1-420x322Si spezza l’armonia tra i 12 imputati nel processo sulle presunte irregolarità dell’ospedale di Cona, in un’udienza che vede gli avvocati difensori appoggiare anche alcune delle tesi della procura, quando la discussione va a parare sulle eventuali responsabilità degli altri accusati. Lo scenario è quello dell’esame dei testimoni del pm Patrizia Castaldini. Dopo le parole degli investigatori e dei consulenti tecnici durante le ultime udienze, questa volta tocca ai veri e propri addetti ai lavori: fornitori, responsabili del cantiere, tecnici delle aziende e degli enti coinvolti. Che ricostruiscono i passaggi burocratici che portarono, secondo la procura, all’oneroso proliferare delle varianti di progetto, a rimborsi non dovuti per le fluttuazioni del valore dei materiali e addirittura a un ‘regalo’ da 72 milioni di euro all’azienda ospedaliera da parte della Regione, mascherato da anticipo delle spese.

Proprio su quest’ultimo punto si assiste al principale strappo tra le posizioni degli imputati. A parlare sul banco dei testimoni è Fabio Rombini, tecnico responsabile del servizio strutture sanitarie e socio-sanitarie della Regione Emilia-Romagna. Che dopo l’esame del pm Castaldini viene incalzato anche dalle domande di Romano Guzzinati, difensore del responsabile unico del procedimento (Rup) Giorgio Beccati. Il tema è quello dei finanziamenti pervenuti dalla Regione all’azienda Sant’Anna. “In base a quali elementi fu garantita la copertura finanziaria dell’appalto?”, è la domanda della Castaldini. Le perplessità derivano da una delibera del 30 settembre 2009, attraverso la quale la Regione deliberò il versamento di un anticipo da 72 milioni di euro (in rate da 8 milioni al mese) nelle casse dell’azienda ospedaliera. Secondo Rombini, l’Inail si era impegnata ad acquistare una parte del nuovo ospedale, per poi affittarla allo stesso Sant’Anna. Con i 65 milioni di introiti derivanti da questa cessione, l’azienda ospedaliera avrebbe garantito la copertura economica dell’appalto.

Il problema, secondo la procura, sta nella sequenza di queste operazioni: impossibile finanziare la costruzione di un’opera pubblica con risorse che sarebbero rientrate solo in seguito, attraverso la cessione di parte dell’opera stessa. Da qui l’intervento della Regione, che attraverso una delibera ad hoc garantì le coperture finanziarie sulla base di una garanzia che l’azienda non avrebbe potuto fornire. Per non parlare del fatto che i successivi movimenti di questo denaro, secondo la procura, sono avvolti dal mistero. E qui entra in gioco la difesa di Beccati: “Dove sono contabilizzati questi 72 milioni?”, chiede ripetutamente Guzzinati, sostenendo che il trasferimento delle risorse in conte esercizio invece che in conto capitale abbia reso impossibile ricostruirne sia l’ammontare preciso che il successivo utilizzo.

Sfilano i testimoni e la discussione si muove su altri temi. Come quello sul conflitto di interessi di Andrea Benedetti, membro della commissione di collaudo (per sua definizione un organo imparziale) ma che allo stesso tempo sarebbe anche socio di una società maltese fondata dalla cooperativa Cmr, uno dei soggetti principali nella costruzione dell’ospedale di Cona. La contestazione in questo caso è semplice: negli appalti pubblici è escluso dagli organi di controllo chi nei tre anni precedenti ha avuto rapporti con le aziende appaltatrici. Gli argomenti principali della procura si basano sulle intercettazioni telefoniche. Come quella tra Guglielmo Malvezzi, capo commessa per il Consorzio Cona, e il direttore del cantiere Lorenzo Venturelli: il primo dice che “Pinelli (responsabile amministrativo dell’appalto, già condannato in rito abbreviato, ndr) è preoccupato perchè Benedetti ha lavorato per la Cmr”, per poi affermare che “sarà un bel casino se Benedetti verrà sostituito”. I legami di Benedetti con la società maltese creata da Cmr vengono confermati anche da Luca Bertoncelli, amministratore della cooperativa modenese chiamato a testimoniare sul punto.

Dalle intercettazioni telefoniche emergono anche questioni inerenti la presunta truffa legata al valore dei metalli. “Domattina dobbiamo giustificare alla commissione i maggiori costi per il ferro. Dobbiamo essere preparati”: è questa l’indicazione che Malvezzi fornisce telefonicamente al direttore del cantiere. Secondo la procura, il Consorzio Cona avrebbe usato un escamotage per ottenere rimborsi non dovuti dalla Regione, dichiarando di aver ordinato il ferro necessario per le fondamenta nel 2008 mentre in realtà le forniture erano già nel cantiere almeno da due anni. Attraverso questo espediente, gli appaltatori sarebbero riusciti a ottenere forti compensazioni documentando le proprie spese attraverso valori di mercato successivi all’effettivo acquisto della merce. Una tesi che la Castaldini motiva anche attraverso la visione di due copie di una lettera, intercettata via fax, in cui un dipendente della società Ferro Berica, Leonardo Ingegneri, informa il consorzio sulle fluttuazioni di mercato del metallo. “Nella seconda copia non riconosco la mia firma. Qualcun altro potrebbe averla fatta al posto mio”, afferma Ingegneri in aula, indicando il foglio in cui sono presenti correzioni a penna dei valori numerici.

L’ultimo tema riguarda il proliferare delle varianti di progetto. Che implicherebbe, secondo la procura, i difetti alla base dell’elaborato originario. A parlare questa volta è l’architetto Anna Ricciarelli, già nota sulle cronache di estense.com per le sue dorate consulenze part-time nel periodo dal 2002 al 2011. Secondo la Ricciarelli, le varianti di progetto furono determinate anche “dalla necessità di adeguare alle normative regionali del 2003″. Da qui la necessità di rivedere la distribuzione degli impianti, con la decisione da parte del Sant’Anna e dell’università di mantenere a Ferrara alcuni laboratori inizialmente previsti a Cona. Non si trattò quindi di carenze nel progetto originario, secondo l’architetto, ma del “necessario adeguamento a norme successive”. Un punto fortemente contestato da parte del pm Castaldini, secondo cui la Ricciardelli fa riferimento a una normativa precedente anche alla stesura del primo progetto, che non poteva quindi essere ignorata per l’approvazione. Un punto che, ancora una volta, trova il sostegno di alcuni difensori sul fronte del Consorzio Cona. Saranno òe prossime udienze a chiarire se quella di ieri è stato davvero la fine della ‘non belligeranza’ tra gli imputati provenienti dagli enti pubblici e quelli a capo delle aziende appaltatrici.

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