Chi ha detto che Ferrara sia solo una città rinascimentale, noiosa e con la nebbia? Chi dice che per un buon giallo alla ferrarese sia necessaria la nebbia?
Gaia Conventi (autrice, blogger, critica letteraria) col suo “Giallo di zucca” inverte i canoni classici di un certo modo di pensare Ferrara e ambienta il suo giallo -di zucca- in una città estense moderna, col sole primaverile e il Palio.
“Quello che troverete sono personaggi moderni, in una città moderna…con morti moderni -spiega tra una battuta e l’altra la stessa autrice, intervista da Massimo Masotti durante la presentazione del libro alla libreria Feltrinelli-. Ferrara è un tantino più moderna di come abitualmente viene descritta, si può trovare qualsiasi cosa e può essere qualsiasi cosa, basta saperla raccontare”.
Scordiamoci i colori cupi e grigi di “Nebbie e delitti”, popolare fiction targata Rai con Luca Barbareschi e Natasha Stefanenko, tratta dai romanzi polizieschi di Valerio Varesi “che però avevano un’ambientazione parmense, solo che -e qui Conventi svela il piccolo retroscena- Ferrara era una location che costava molto meno, lo dico ai criticoni che dicevano che la città voleva a tutti i costi i suoi eroi”. “Ferrara è sicuramente una città di gialli, lo è anche grazie alla nebbia -spiega l’autrice-, ma io ho scelto di non usarla, nel mio giallo c’è il sole, la primavera e il Palio”.
Proprio sul Palio che fa da sfondo al racconto si Coventi si sofferma: “È cosa bellissima, poi per me che vengo da Goro dove al massimo abbiamo visto qualche carro trainato da un trattore per carnevale lo è ancora di più ma, come il Castello, ad averlo qui uno si stufa: le cose belle che avete voi ferraresi le date per scontate, ma per riscoprirle vi basterebbe prendere una macchina fotografica e vedere come cambiano. Se proprio il Palio è sempre la stessa cosa, allora metteteci del vostro”.
Quello della blogger -cattivissima quando critica altri scrittori come Fabio Volo (“troppo facile, lo fanno tutti”) e addirittura Erri De Luca- è un amore a prima vista per Ferrara ma non privo di spirito d’osservazione: “Scrivo di questa città perché quando sono arrivata qui a 20 anni sono rimasta colpita anche se il ferrarese è chiuso, tranne quando si mangia, allora si trasforma. Non è un caso -chiosa- che le indagini nel mio libro si svolgano proprio a tavola”.