Cronaca
7 Ottobre 2013
Negri: “Non ho offeso nessuno e nessuno però può dirmi che non ho visto”

Nessuna scusa dal vescovo per il ‘postribolo’

di Redazione | 4 min

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Vigilia di Natale finita a pugni tra due fratelli

Era la vigilia di Natale dello scorso anno. Per le feste si ritrovano assieme, con le rispettive famiglie, due fratelli tra i quali, per questioni legate all'eredità paterna, negli ultimi tempi non corre buon sangue. Il più giovane dei due, classe 1976, abita nella casa di Pieve di Cento ereditata come proprietà indivisa

postriNon arrivano le scuse dell’arcivescovo Luigi Negri per quel sostantivo (“postribolo”) che ha infiammato l’estate ferrarese e non solo quella. Le invoca dal tavolo dei relatori lo studente Alessandro Balboni, ma Negri è uomo che sa tenere il punto, anche di fronte a un pubblico come quello del dibattito ‘Postribolo – ultimo atto’, con oltre un centinaio di studenti che gli hanno tributato pochi e tiepidi applausi. “Non rivolgo scuse perché non ho offeso nessuno, ho usato quel termine per richiamare il luogo in cui avvengono le cose che ho visto – spiega il monsignore –. Non c’era un valore offensivo e non intendevo affermare che tutti quelli che vanno davanti alla Cattedrale fanno quelle cose. Nessuno però può dirmi che non ho visto, e come vescovo non poso tollerare”. E addirittura butta lì, non si capisce se come provocazione, un “quando a Milano hanno chiamato i militari la situazione non era molto diversa”.

Insomma, se qualcuno si aspettava che fosse questa l’occasione della riconciliazione è rimasto deluso: nessuna soluzione, a parte una proposta di compromesso sugli orari. Ma cos’è che ha dato così tanto fastidio, chiede il moderatore Stefano Scansani. Tre le preoccupazioni di Negri: “ho chiesto agli adulti se vogliono assumersi la responsabilità di un divertimento che mette a repentaglio la salute fisica e morale, perché divertirsi in quel modo cinque giorni a settimana non fa bene, è un problema di scienza e di buonsenso, e la società adulta non può disinteressarsene”. C’è poi la necessità di “difendere una storia, che non è quella dei cattolici a Ferrara ma quella di Ferrara: non è dignitoso che il centro sia lordato in questa maniera, non è tollerabile che una delle più belle edicole in onore della Vergine sia identificata come la ‘Madonna del Piscio’. Se qualcuno è tranquillo nell’utilizzare monumenti della tradizione cattolica come gabinetti non può pensare che anche il vescovo lo sia”.

Esiste infine un problema di ordine pubblico, “perché ci sono feste di laurea che durano fino alle 5 del mattino. Non possiamo aspettare ottobre per poter dormire, mentre nessuno disturba il vostro sonno”, quello degli studenti. Forse – nota un irriverente tweet proiettato sul muro dell’aula magna di Giurisprudenza – il settantunenne monsignore vuole soltanto riposare, e infatti prova, con un “appello al buonsenso”, a proporre un limite al baccano: l’una dopo mezzanotte. “Cerchiamo un contenimento che non reprima la voglia di divertirvi ma nemmeno leda il diritto altrettanto fondamentale a riposare”. È su questo punto che arrivano le espressioni più pesanti del pomeriggio: “adesso non ve ne accorgete, ma fra anni qualcuno potrà chiedervi conto delle vostre posizioni, chiamandovi eversivi, fascisti, nazisti o stalinisti. In democrazia che le persone siano cento o tre non cambia, e se in centro gli abitanti sono tre, non capisco perché non possano vivere dignitosamente. Come si può non capire una cosa tanto elementare?”.

postri2Tiziano Tagliani incassa l’importante endorsement del prelato (“ci fossero anche solo tre preti su cento come lui…”), ma per il resto dice tutto e niente. Da una parte il problema non è solo di ordine pubblico perché “le regole non bastano e occorre che una comunità tenga conto di quel che è bene e quel che è male”, dall’altra però “il sindaco non è il tutore etico del futuro dei giovani”, anche se, però, “il limite deve essere scritto dentro…”. Conclusione minimalista: “se ci sono otto bar ci devono essere otto servizi, tutti aperti, puliti e a disposizione dei clienti”.

Chi avrebbe voluto essere da qualunque altra parte tranne lì è il rettore Nappi, che fa di tutto per non permettere che l’ateneo rimanga schiacciato dalla movida, finendo per interpretare il ruolo dell’anti-vescovo, riconosciutogli dall’applausometro. “Questo non è un tema che riesce ad appassionarmi – premette –. È un problema di ordine pubblico? È invece effetto del malessere giovanile? Se è così sono molti altri gli interlocutori da coinvolgere, a partire dai presidi degli istituti superiori, visto che da noi studiano persone dai diciotto ai trent’anni, parliamo di giovani adulti insomma. Appiattire l’Università alla movida, però, è mortificante”. Fossero gli studenti a votare il rettore, con questo passaggio si sarebbe garantito la maggioranza assoluta.

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