Cronaca
7 Ottobre 2013
Il saluto di Le Monde e ProPublica a Internazionale

Il giornalismo capace di cambiare le cose

di Redazione | 4 min

foto 1Una discussione sul futuro dei media, dai reportage vecchio stile al data-mining, passando per Wikileaks e le collaborazioni tra grandi gruppi editoriali internazionali; il tutto intervallato da aneddoti di giornalismo vissuto.

L’edizione 2013 del festival di Internazionale finisce nel tardo pomeriggio di domenica al teatro Comunale con il marchio di qualità di Natalie Nougayrède, prima direttrice donna di Le Monde, in carica da marzo, e Stephen Engelberg, direttore di ProPublica, quotidiano online statunitense votato al giornalismo d’inchiesta e vincitore di due premi Pulitzer nonostante sia nato solo nel 2008. A moderare l’incontro due veterani del festival: il direttore di Internazionale Giovanni de Mauro e Marino Sinibaldi di Radio3.

Partendo dal presupposto per cui nel mondo della stampa “il vecchio modello si sta sgretolando ma non ne abbiamo ancora trovato uno che lo possa sostuire”, subito si scontrano le posizioni dei due ‘editor-in-chief’: per la direttrice di Le Monde il giornale è “assolutamente multimediale ma con un background proveniente dalla carta”, anche se “sempre più gente ci legge per mezzo di uno schermo e arriviamo a fare oltre dieci milioni di contatti sul sito”. La Nougayrède definisce poi come “ambizioso” il piano di digitalizzazione del quotidiano francese. Per Engelberg invece internet “prende e dà” nel mondo del giornalismo d’inchiesta, ma sicuramente ha un grosso vantaggio: “Negli Stati Uniti – spiega il direttore di ProPublica – nell’industria dei quotidiani di carta per ogni dollaro incassato 85 centesimi se ne vanno tra carta, spedizioni e costi vari, mentre noi per ogni dollaro incassato versiamo 85 centesimi all’attività giornalistica”.

Engelberg si spinge poi a raccontare di come internet abbia rivoluzionato il modo di fare giornalismo: “Oggi abbiamo accesso a una quantità di informazione che solamente quindici anni fa era impensabile. Grazie ai big data siamo riusciti a creare un database associando a ogni medico un nome, un volto, e la cifra che gli è stata donata dalle case farmaceutiche”. Anche per la Nougayrède “il data mining è il nuovo orizzonte per il giornalismo d’inchiesta”, anche se “è molto importante anche quello fatto sul campo, a contatto con la realtà e fatto di domande alle persone, e credo sia un onore per i giornalisti farlo”.

Ricollegandosi alle inchieste sul campo, la Nougayrède racconta di quando due suoi giornalisti le hanno chiesto di andare in Siria: “Ho riflettuto molto sulla mia responsabilità nei loro confronti e il dovere di informare. Alla fine ho chiesto loro il dettaglio dei loro piani per raggiungere il Paese e su come saremmo riusciti a tenerci in contatto. Me li hanno spiegati, mi sono convinta e li ho lasciati andare. Avevamo un modo per comunicare tramite intermediari, ma era irregolare. La regola era: se non avessimo avuto loro notizie per quattro o cinque giorni era da considerarsi un brutto segno e avremmo dovuto allertare le autorità e cominciare le ricerche. Poi c’è stato un periodo in cui non abbiamo avuto contatti per circa una settimana. Eravamo molto preoccupati, non sapevamo cosa fare, ma ci hanno avvisati di essere usciti dal Paese. I contatti erano saltati perché erano a Damasco e si sono trovati in mezzo ad un attacco perpetrato per mezzo di armi chimiche, e hanno deciso di andare a fondo, raccogliendo campioni, facendo fotografie, andando negli ospedali e parlando con i medici e i feriti”.

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Engelberg, dal canto suo, ricorda la foto del bambino somalo, denutrito e con un corvo alle sue spalle, apparsa sulla prima pagina del New York Times che fece prendere al presidente degli Stati Uniti, all’epoca George Bush padre, la decisione di fare qualcosa. Per lui è l’iconografia perfetta di come “bisogna continuare a fare informazione perché non sappiamo quale evento o quale immagine possa cambiare le cose, e noi facciamo giornalismo per cambiare le cose”.

Parlando di Wikileaks e ricordando la fuoriuscita dei cablogrammi diplomatici del 2010 si ricava anche uno spazio per la questione dello spionaggio nei confronti dei cittadini portato avanti dalla Nsa. Secondo Engelberg, solo una parte veramente ristretta della popolazione ha capito la portata delle intercettazioni, ma ciò è dovuto anche al bisogno di sicurezza che gli americani cercano in tutti i modi dopo gli attacchi nel loro territorio. E a dimostrarlo sarebbe la stessa Nsa: “Prima dell’11 settembre l’agenzia era molto cauta riguardo all’intrusione della privacy dei cittadini, ma ciò ora è totalmente cambiato”.

A chiudere il festival ci pensa il sindaco di Ferrara Tiziano Tagliani, che salendo sul palco con coloro che hanno collaborato all’organizzazione dell’evento risponde con un sicuro “certamente” all’invito di Giovanni De Mauro ad incontrarsi di nuovo il prossimo anno.

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