Eventi e cultura
26 Agosto 2013
Cinque anni di foglio di via per Lorenzo Mazzoni: persona non grata

Scrittore ferrarese messo al bando in Turchia

di Marco Zavagli | 4 min

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Persona non grata. Era già successo a Günter Grass in Israele, a Bernard-Henri Lévy in Libia, a Gao Xingjian in Cina. Senza addentrarsi in paragoni forse irriverenti, ora tocca allo scrittore ferrarese Lorenzo Mazzoni. Mazzoni, da quest’estate, è “persona non grata” in Turchia. La formula diplomatica gli è stata affibbiata nel momento in cui stava per rinnovare il permesso di soggiorno.

Lo scrittore ferrarese ha vissuto negli ultimi mesi a Istanbul. Qui curava un magazine culturale per cui era necessaria la sua presenza in loco. Poi, a maggio, con lo scoppio delle proteste di Gezi Park ha iniziato a scrivere “cronache di ordinaria follia” – sua la definizione – per Il Fatto Quotidiano.it e Radio Popolare.

Fino allo scorso 20 luglio, “quando mi reco in aeroporto per tornare in Italia”. Presenta il passaporto alla dogana. Il permesso è scaduto da 19 giorni. Lui ne è cosciente. Proprio per questo tempo prima si era recato al commissariato di polizia della capitale turca e all’ufficio immigrazione per regolarizzare la sua permanenza. In quell’occasione “Mi viene fissato un appuntamento per il 1° settembre. Il visto era scaduto il 1° luglio, ma avevo inoltrato richiesta di rinnovo prima della scadenza”. E invece… “E invece mi dicono che sono clandestino, anche se sono stati i loro tempi burocratici a trasformarmi in tale condizione. Ma le mie rimostranze non sono servite a nulla”.

Tanto che, dopo tre uffici di dogana e l’accompagnamento al gate, sul passaporto gli è stato timbrato un foglio di via per persona non grata fino a luglio 2018. E ora? “Una volta in Italia mi sono recato al consolato turco a Milano. Spiego che per lavoro sarei dovuto ritornare entro dicembre. Mi hanno detto che ho ragione, ma sono clandestino e devo rispettare la procedura. Vale a dire scrivere un foglio di scuse allo Stato turco, far compilare una lettera di accompagnamento al mio datore di lavoro in Italia e a quello in Turchia, stampare l’ultimo mese dei movimenti del mio conto corrente. Pagare una multa di 160 euro. Prenotare l’aereo e attendere la loro risposta, che potrebbe arrivare nel tempo minimo di tre mesi (ma non è previsto un tempo massimo e la risposta può anche essere negativa). Mi chiedo, a questo punto, come faccio a prenotare un aereo se non so quando e se mi prendono?”.

Lorenzo Mazzoni

Lorenzo Mazzoni

Il sospetto, nemmeno troppo celato, di Mazzoni è che “il governo turco preferisce avere meno occhi e orecchie indiscreti possibili”. La sua, premette, “è una impressione personale, non voglio accusare lo Stato, ma qualche perplessità per il foglio di via per cinque anni nonostante avessi in mano il protocollo già firmato dal commissariato di Istambul e dall’ufficio immigrazione, mi desta qualche perplessità. Penso che meno curiosi hanno in giro meglio è per loro”.

Nel suo soggiorno sul Corno d’oro lo scrittore ha avuto modo di frequentare i giovani movimenti progressisti turchi che hanno movimentato la protesta di Gezi Park e parlare con giornalisti e intellettuali internazionali e locali. “Il pensiero dei più è che si sia di fronte a una deriva antidemocratica, con il primo ministro Erdogan che vuole puntare alla presidenza per restare in sella al Paese il più a lungo possibile e si inventa campagne di moralizzazione pubblica in uno stato che ha sempre visto convivere pacificamente laici e religiosi”. Quasi un sultano alla guida di una democrazia, un contrasto che si rispecchia anche all’interno della Turchia, “uno dei paesi con il maggior sviluppo economico a livello mondiale, ma con gran parte del territorio ancora in condizioni di sottosviluppo, arrancando in un’economia prevalentemente agricola e pastorizia. Il benessere, la ricchezza, non vengono distribuiti”.

Quanto ai giovani turchi, la frase tipo recita: “questa è una democrazia che sta sbandando”. “Non siamo infatti in presenza di una dittatura, ma ci sono elementi preoccupanti, come le azioni delle forze dell’ordine dopo Gezi Park, gli arresti indiscriminati di intellettuali e giornalisti e un’opposizione del tutto disunita. Basti pensare che il 70% dei protestanti di Gezi Park non ha un partito di riferimento. E ora Erdogan vuole cambiare la costituzione per trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale. Mi ricorda qualcuno…”.

Ci sarà un ritorno a Istanbul? Una richiesta di annullare il foglio di via? “Per me ormai il danno è fatto, quel lavoro l’ho perso. Mi rimane l’esperienza di questa ‘primavera turca’, con Gezi Park che è stata la piazza Tahrir di Istanbul, la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Ora stanno facendo di tutto per far passare nel dimenticatoio la vicenda, con tanto di accuse di terrorismo alle persone arrestate. Questo perché il governo è spaventato dalla protesta intellettuale. Ma il fermento continua. Con pratiche diverse del dissenso di piazza: si formano social forum nei parchi, si scambiano informazioni via internet, quando funziona. Ho conosciuto una bella società civile, che ora però sta pagando a caro prezzo il suo grido di libertà”.

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