Economia e Lavoro
16 Maggio 2013
Vendere le partecipazioni dei Comuni per costruire un polo industriale

Proposta choc del Pdl: “Ricreiamo una nuova Berco”

di Ruggero Veronese | 4 min

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fotoCopparo. A mali estremi, estremi rimedi: per salvare Berco si potrebbero vendere le quote pubbliche delle società di servizi. È la proposta choc messa sul tavolo dal Pdl ferrarese per risolvere – o dare almeno una prima svolta – la drammatica situazione dello stabilimento ThyssenKrupp.

“Una proposta difficile da accettare per alcuni comuni e alcune forze politiche” premette il coordinatore provinciale Pdl Luca Cimarelli, “ma se qualcuno farà le barricate noi le affronteremo. C’è bisogno di tutta la coesione territoriale possibile per salvare l’economia di Copparo, e non si può pensare che questa situazione possa essere risolta dalla presidente della Provincia o dal sindaco Nicola Rossi”.

Una proposta che si articola in due fasi: la prima mirata a capitalizzare il più possibile gli assets pubblici (in particolare le partecipazioni nelle multiutilities), quella successiva che punta a costruire un business plan per portare nuovi investimenti nell’area di Copparo e favorirne lo sviluppo. Ad illustrare i vari passaggi è il coordinatore del circolo di Copparo Cristiano Di Martino, che spiega come “questo documento che abbiamo ricevuto da altre mani è stato creato da un gruppo di economisti delle università di Ferrara e Bologna e a discusso e approndito dal nostro partito. Parte da un’idea rivoluzionaria che comporta la fine delle gestioni delle aziende lasciate in mano a sindaci e vicesindaci, le cui quote, come quelle di Delta Reti e Cadf, sono molto appetibili sul mercato. La previsione degli economisti è che da queste operazioni si possano ricavare circa 50 milioni di euro”.

Per entrare nei dettagli tecnici, il piano prevede che i sei Comuni dell’Unione Terre e Fiumi mettano sul mercato entro il 1° di giugno il 49% delle azioni di Cadf, Delta Reti e Area, oltre che il totale delle proprie azioni di Hera, e che il resto delle partecipazioni venga trasferito in una holding (che includerebbe anche Delta Web Spa) con una “rimodulazione degli assetti societari e un nuovo patto di sindacato”. A questi passaggi seguirebbe un piano di investimenti triennale per la costituzione di due aree industriali a Copparo (una nella zona di Berco, la seconda a nord-ovest della città) e di un porto d’attracco commerciale sul Po a Cologna (“un’operazione – sostiene Di Martino – che ci sembra più credibile dell’idrovia”).

Entrerebbero in gioco a questo punto gli investitori privati, che affiancherebbero le istituzioni “in una filiera di impegno e responsabilità – si legge nel documento – condivise dentro gli strumenti già sperimentati, quali: i patti territoriali, i contratti d’area, i sistemi di distretti industriali e produttivi di nuova generazione”. Il tutto con una spesa di circa 40 milioni da fondi pubblici (tratti dai 50 milioni della prima operazione) e 35 milioni di euro da altri investitori (investimenti privati che il piano punta ad attirare). L’operazione è legata a doppio filo al ruolo della Cassa Depositi e Prestiti, che a seconda della propria disponibilità nell’operazione potrebbe far variare – in un senso o nell’altro – l’ammontare dell’investimento fino a una ventina di milioni di euro.

L’obiettivo quindi è creare investimenti e occupazione a Copparo. E se non è possibile salvare i posti di lavoro alla Berco, si riuscirà almeno a reintegrare i dipendenti nelle nuove realtà produttive della zona. Motivo per cui il piano prevede anche una serie di “ammortizzatori sociali–ponte”, collegati a strumenti di riqualificazione professionale. La partita Berco rimane però aperta, e Di Martino rivela che proprio nei giorni scorsi “assieme alla senatrice Anna Maria Bernini abbiamo incontrato un gruppo di investitori che potrebbe essere interessato all’acquisto della Berco”. Il coordinatore Pdl non fa nomi, ma afferma che la cordata “ha sicuramente un piano industriale e una parte cospicua dei soldi richiesti dall’azienda. Si stanno muovendo a livello sia bancario che istituzionale, e ci hanno chiesto l’apertura per un dialogo istituzionale qualora si concretizzassero gli interessi di acquisto”. Il problema è la situazione attuale, con 12 miliardi di debiti accumulati dal gruppo Thyssen (dati Pdl) e la mancanza di un piano industriale stimato attorno ai 20 milioni di euro, condizione necessaria affinché si possano creare spiragli per una cassa integrazione.

“Se qualcun altro ha validi progetti alternativi o simili a questo li esponga – conclude Cimarelli – perché in questo momento è giusto che tali discussioni vengano portate all’attenzione della cittadinanza e non chiuse in un cassetto, per poter creare una alternativa produttiva non alternativa ma parallela a Berco. Ricordo a tutti che, a prescindere dalle paternità dei progetti, le priorità son due: bloccare i licenziamenti e chiedere un confronto sul piano industriale di Berco”.

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