È passato qualche giorno, ma non mi esce dalla testa un passaggio del discorso di fine anno del Presidente Napolitano: «La realtà angosciosa delle carceri è un dato persistente di inciviltà da sradicare in Italia». È un fatto riportato negli ultimi tempi al centro dell’attenzione soprattutto per opera dei radicali e in particolare del loro leader storico Marco Pannella.
La denuncia è franca e forte. Eppure mi continua a colpire la constatazione che nel discorso si sia impiegato l’astratto «carceri» e non il concreto «detenuti». La componente di inciviltà sta nel modo in cui l’Italia tratta i carcerati. Le condizioni ambientali delle carceri annullano il senso rieducativo della pena sancito dalla Costituzione (art. 27). Si tratta non solo del gravissimo problema del sovraffollamento, ma anche delle conseguenze di un’intera filosofia carceraria (cfr. Gherardo Colombo, Il perdono responsabile, Ponte alle Grazie, Milano 2011 ). A provarlo è proprio l’esistenza di nobili eccezioni.
Sarebbe stato troppo chiedere al Presidente di rivolgere, in quel passaggio del suo discorso, almeno un caldo saluto ai detenuti? Tuttavia forse si sarebbe potuto osare persino di più avanzando una richiesta di scuse nei loro confronti a nome dello Stato italiano. Le reazioni becere non sarebbero mancate, ma l’aggettivo è sufficiente per indicarne la provenienza.