Cronaca
10 Novembre 2012
Dibattito tecnico contro i luoghi comuni. E sulla geotermia: “nessuna relazione”

Terremoto, niente chiacchiere

di Redazione | 4 min

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di Daniele Oppo

Un incontro pubblico intitolato “Il terremoto a Ferrara: voci, dicerie e previsioni”, organizzato dall’Istituto Aloetti, è stato l’occasione per fare il punto della situazione post terremoto e cercare di fugare i dubbi della cittadinanza, ristabilendo la verità su quanto diffuso da voci incontrollate e dando voce alla scienza, alle istituzioni e ai professionisti per spiegare alcuni fenomeni come la subsidenza, l’acqua calda dai pozzi o per mettere l’accento sulla prevenzione.  “Dopo il 20 maggio sono cambiate tante cose- ha detto Fabio Muzi, dirigente scolastico dell’istituto in apertura- perché pensavamo di essere immuni dal rischio sismico”. I fatti hanno dimostrato il contrario colpendo “un territorio non abituato a ragionare sul rischio sismico” come ha evidenziato Simone Corli, presidente del Collegio dei geometri, e che oggi è chiamato a “fare un salto culturale che coinvolga tutti: cittadini, professionisti e amministratori”.

“Noi tecnici per primi non pensavamo di essere in un territorio a rischio” ha detto, facendo  autocritica, il presidente dell’Ordine degli ingegneri Franco Mantero.  La parola ‘prevenzione’, come ogni catastrofe insegna, assume così un ruolo centrale nella programmazione del futuro: “a livello centrale bisogna rendersi conto che si spende meno a prevenire e a livello locale i comuni possono intervenire con incentivi e meccanismi di premialità per il miglioramento degli edifici” ha continuato Mantero.

Alceste Zecchi, responsabile del Servizio geologico della Protezione civile di Ferrara ha dato qualche numero sulla reazione post sisma da parte delle autorità e dei volontari: 3 tendopoli, 22 strutture coperte messe in piedi, 150 tende da 8/12 posti, 70 alberghi coinvolti nell’ospitalità che, insieme, hanno contribuito ad ospitare 2281 persone con 3200 posti letto disponibili. 8760 le verifiche di agibilità degli edifici che per la maggior parte hanno dato esito positivo. “La Regione -ha aggiunto Mantero- si aspetta circa 20mila domande di contributo per i danni e i soldi sembrano esserci per cui dal primo gennaio si dovrebbe partire con la distribuzione”.

E’ stata poi la volta di Romano Camassi, ricercatore dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia che ha mostrato, con l’ausilio di alcune slide animate e di documenti storici, quanto gli eventi sismici nella regione emiliano-romagnola, e in quella ferrarese in particolare, non siano, sia geologicamente che storicamente, eventi del tutto inattesi, improbabili o, addirittura, strani: “ci sono persone in questa città e in questa provincia – ha detto – che avevano da tempo la consapevolezza del rischio sismico anche per questo territorio. Il problema è che si è bloccato da qualche parte il processo di comunicazione del sapere scientifico con la popolazione”. Un filtro sulla comunicazione ma anche sulla presa in considerazione delle mappe del rischio e delle norme antisismiche in tutta Italia: “stiamo pagando un rallentamento di almeno 15 anni” ha affermato Camassi.

Il discorso si è poi spostato sul tentativo di dare risposte ad alcune curiosità, come il fenomeno dell’acqua calda fuoriuscita da alcuni pozzi, la cui origine potrebbe essere trovata “nel malfunzionamento delle pompe che potrebbero essersi surriscaldate” ma anche in fenomeni naturali e per questo “sono oggetto di monitoraggio da parte dell’Arpa” per capire se sia trattato di anomalie (mancano i dati dei periodi precedenti) e se possano essere un fenomeno da inquadrare come precursore di un evento sismico. Fenomeni tra l’altro riscontrabili anche nelle testimonianze del terremoto del 1570, insieme alla moria dei pesci e alla subsidenza.

Affrontata anche la questione del grado di magnitudo, i cui valori maggiori o inferiori a 6, avrebbero determinato la concessione o meno dei rimborsi per i danni da parte dello Stato: “E’ una storia nata da un errore di interpretazione della normativa fatto da un ingegnere dopo il sisma  de L’Aquila, in realtà il sistema di finanziamento e risarcimento è completamente slegato dalla magnitudo e i diversi valori fra un’analisi e l’altra corrispondono solo a diversi parametri utilizzati per calcolare la magnitudo, ma sono ininfluenti per i risarcimenti”.

Camassi e Zecchi hanno smontato anche alcune dicerie, molto diffuse sul web, come quella che vede le trivellazioni per l’estrazione dello shale gas o gas non convenzionale tramite il famigerato ‘fracking‘ come vere responsabili del sisma emiliano, ma tale attività – hanno spiegato gli esperti – non possono aver generato eventi sismici di tipo tettonico quali quelli del 20 e 29 maggio: “non sono mi state effettuate in Emilia (si sono avute solo delle trivellazioni a scopo di studio esplorativo) i cui fenomeni sismici collegati sarebbero comunque riconoscibili e localizzabili con facilità”.

L’argomento trivellazioni ha dirottato infine il dibattito, spinto dalle domande critiche di alcuni partecipanti tra il pubblico, sulla questione geotermia, vista come possibile causa di futuri terremoti. “Non si può affermare che ci sia alcuna relazione fra gli scavi per la geotermia e terremoti di tipo tettonico” ha affermato, Camassi, cui si è aggiunta anche Zecchi che ha ricordato che “a Casaglia esiste una rete per il monitoraggio microsismico che non ha mai rilevato eventi sismici legati alla geotermia”. Risposte che però non sembrano aver convinto gli oppositori all’impianto geotermico.

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