Tre nomi su tutti e attorno a loro una piccola galassia che rappresenta duecento anni di arte figurativa a Ferrara. Un patrimonio sottratto alla distruzione del terremoto di maggio, che ha costretto Palazzo Massari a chiudere a tempo indeterminato i battenti. E con esso le gallerie le collezioni delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, del Museo Giovanni Boldini, del Museo dell’Ottocento e del Museo Filippo de Pisis.
In tutto ottomila opere, tra quadri, disegni e scultore, “sfollati” nei depositi di municipio ed Ercole d’Este. Poi l’idea di strappare quei capolavori a un possibile oblio, facendone una delle mostre di Palazzo Diamanti. Una mostra che acquista il significato della reazione contro alla distruzione di quattro mesi e che permette a ferraresi e turisti di poter ammirare quadri e sculture altrimenti destinate ai depositi.
“Nelle intenzioni del Comune di Ferrara e di Ferrara Arte inoltre – anticipa Lenzerini -, i capolavori in mostra diventeranno l’emblema della città: si sta infatti studiando una loro presentazione, dopo questa “prima” ferrarese, in altre sedi espositive italiane”.
Intanto le opere (ne sono state scelte 80 tra le migliaia a disposizione) saranno fruibili da sabato 13 ottobre 2012 al 13 gennaio 2013 sotto il titolo “Boldini, Previati e De Pisis. Due secoli di grande arte a Ferrara”. Tre nomi portanti, si diceva, con accanto una folta schiera di maestri ferraresi tra i più importanti artisti italiani dell’Otto e Novecento: Mentessi, Minerbi, Boccioni, Melli, Sironi, Funi.
L’allestimento parte dai dipinti provenienti dal Museo dell’Ottocento, con Gaetano Turchi (suo il “Tasso” nella parete di sinistra), Giovanni Pagliarani e Massimiliano Lodi. Si arriva dopo due sale ai primi ritratti di Giovanni Boldini, che sarà una delle figure di spicco del rinnovamento della pittura italiana e internazionale, prima nella Firenze macchiaiola e poi nella Parigi degli impressionisti. “Un ampio nucleo di capolavori di Boldini – spiegano le curatrici Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Chiara Vorrasi – attesterà il suo ruolo di indiscusso protagonista della Belle Époque: icone della sua ritrattistica come il Ritratto del piccolo Subercaseaux, Fuoco d’artificio, la Passeggiata al Bois de Boulogne o La signora in rosa, ma anche interni d’atelier, nature morte e vedute”.
L’altro grande protagonista della rassegna è Previati, con un “capolavoro simbolista” come lo descrive Chiara Vorrasi, “Paolo e Francesca”, contornato di ispirazione secessionista e futurista opera di Arrigo Minerbi, Aroldo Bonzagni, Umberto Boccioni, Roberto Melli e Annibale Zucchini. Di parete in parete si arriva poi a uno dei massimi esponenti di “Novecento”, Achille Funi, la cui mano ha dipinto le pareti delal Sala dell’Arengo del municipio.
Il percorso espositivo viene concluso a De Pisis. Sua “la sala più difficile da allestire”, come ammette Pacelli: “è stato impegnativo cercare di rappresentare tutte le tappe del percorso dell’artista con opere non scontate e che potessero dialogare tra loro”. Tra queste anche le tele provenienti dalla Fondazione Pianori e dal lascito di Manlio e Franca Malabotta. Ecco allora il passaggio dalle nature morte marine di ispirazione metafisica (“Le cipolle di Socrate”), alle quali De Pisis affida il suo personale addio a Ferrara, alle nature morte notturne delle passeggiate lungo la Senna, passando dai ritratti di efebi (“Allegro ai lirici”) fino ai quadri partoriti nella clinica dove venne ricoverato (“La rosa nella bottiglia”).