Economia e Lavoro
2 Settembre 2012
Lorenzo Boldrini, presidente provinciale di Cia Ferrara, fa il punto sugli argomenti che hanno infiammato l’estate e promettono di scaldare il prossimo futuro

Siccità e agricoltura, preoccupa anche l’autunno

di Redazione | 5 min

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Il caldo e la siccità che stanno caratterizzando questa annata agraria, la necessità di tutelare e migliorare l’efficienza dei bacini idrici per garantire agli agricoltori la possibilità di irrigare diffusamente, i cali produttivi generalizzati ed un aumento dei costi di produzione, vedi carburanti. Sono molti i temi caldi in questa estate arroventata, temi che promettono, purtroppo, di caratterizzare anche il prossimo autunno e inverno, in previsione delle semine e degli investimenti aziendali per il prossimo anno. A fare il punto sulla situazione del settore è Lorenzo Boldrini, presidente provinciale di Cia Ferrara, che in questi mesi ha monitorato con attenzione la situazione sul territorio.

Presidente Boldrini, iniziamo con un tema che è ancora di grande attualità: i danni causati dall’assenza di precipitazioni. I problemi sono iniziati in inverno e sono continuati a causa di un’estate fortemente siccitosa. Quale è la situazione al momento?

“Se dal punto di vista meteorologico la situazione sta migliorando, con cali di temperatura e precipitazioni sparse, si può dire che la pioggia arriva quando il danno ormai è fatto. Il problema è iniziato, infatti, molti mesi fa, nel periodo invernale, quando le precipitazioni scarse non sono riuscite a riempire a sufficienza le falde acquifere. Poi, una primavera piuttosto fredda ma per nulla piovosa e l’estate che tutti ormai conosciamo hanno fatto il resto. Il risultato di tale situazione è il calo generalizzato delle produzioni con percentuali che vanno dal 20-30% per i prodotti frutticoli, pere in primis, 50% del pomodoro e naturalmente la debacle di mais, sorgo e soia che si stanno raccogliendo in questi giorni e che avranno rese inferiori, di media del 30-40%, con punte del 60-70%. Un vero disastro per i redditi delle imprese agricole”.

Si poteva fare qualcosa per ovviare, almeno in parte, a questa situazione?

“Rispondo citando i dati diffusi dalla Fao in questi giorni riguardo all’utilizzo delle risorse idriche. Secondo il Food and Agriculture Organization occorrono, infatti, fra i duemila e i cinquemila litri d’acqua per produrre il cibo che ognuno di noi mangia in un solo giorno. Una quantità di acqua considerevole che deve essere reperita e certamente non sprecata. Investire nelle infrastrutture dovrà dunque essere, a mio avviso, una priorità dei prossimi anni. Se alle imprese agricole del territorio fosse data, la possibilità di irrigare in maniera diffusa – anche le colture solitamente non irrigue – grazie ad un sistema idrico più efficiente, i danni ed i costi sarebbero inferiori. Il territorio ferrarese dispone di un bacino idrico sotterraneo naturale con falde acquifere superficiali che per risalita capillare irrorano gli apparati radicali delle piante. Questo bacino oggi è vuoto e potrebbe nel futuro non riempirsi con costanza come in passato, compromettendo il sistema d’irrigazione negli anni a venire. Per ovviare al problema si potrebbe valutare con serietà, anche nel medio periodo, un’operazione strutturale per la conservazione dell’acqua nelle aree adiacenti ai fiumi, in modo da renderla disponibile nei periodi irrigui. Da parte nostra ci impegneremo a partecipare, anche a livello regionale, a tutti i tavoli aperti per una riforma infrastrutturale dei bacini idrici. Certo, approviamo la richiesta fatta dalla Regione Emilia-Romagna di “evento eccezionale” per la siccità del 2012 che porti alle aziende agricole in grave difficoltà di liquidità, aiuti immediati. La tempestività è imperativa in particolare per quelle aziende che hanno fatto investimenti, fra le quali molte sono di giovani imprenditori. Dobbiamo però iniziare a considerare il cambiamento del clima come un fatto non straordinario ma graduale e ordinario che deve comportare, quindi, misure concrete e funzionali utili al lavoro agricolo di ogni giorno ed in qualsiasi condizione climatica”.

Il clima cambia, costi di produzione e manodopera aumentano. E’ ancora possibile fare agricoltura e soprattutto generare reddito agricolo?

“Fare o non fare agricoltura non è una scelta. Noi dobbiamo fare agricoltura. Nel Ferrarese, e più in generale, nella nostra regione, si producono importanti risorse che sopperiscono al fabbisogno alimentare interno ed estero. Abbiamo delle eccellenze che tutto il mondo ci invidia. Se “muore” il nostro comparto potremmo essere costretti ad importare massicciamente prodotti fondamentali come il mais o il riso. Ma occorre mettere in condizioni le aziende di produrre attraverso una politica fiscale più equa, incentivi a quei giovani che non trovano lavoro e che potrebbero, invece, investire in agricoltura. Poi, ovviamente, c’è il grande problema dei costi sostenuti dalle aziende: carburanti agricoli (aumentati in un anno del 5,5%), mangimi, prodotti fitosanitari. Un lungo elenco di voci che rischia di mandare all’aria un sistema fortemente legato, ovviamente, ai consumi. Se i consumatori saranno, infatti, costretti a scegliere tra fare il pieno di benzina per muoversi e lavorare e acquistare prodotti ortofrutticoli o il latte, allora c’è da aspettarsi un calo dei consumi preoccupante che andrà ad aggiungersi al crollo del 2% del 2011”.

Oltre ai problemi produttivi ed alle difficoltà di fare reddito c’è, in questo periodo, una grande attenzione a livello governativo anche per il graduale erosione del suolo agricolo. Quale è la situazione?

“La cosiddetta “cementificazione” è un argomento che è stato finalmente ripreso e portato all’attenzione del Governo dal ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali Mario Catania. A livello nazionale si stima che, ogni giorno, vadano persi 100 ettari di terreno coltivabile. Una cifra esorbitante che abbatte la produzione agricola ed è un danno per il paesaggio e di conseguenza per il turismo. A Ferrara la forte vocazione agricola permane ed anche una certa cultura della campagna come luogo produttivo e di lavoro. Ma cosa accadrebbe se un’annata agraria come quella che stiamo vivendo diventasse “normale” e fosse sempre più difficile, detto in parole povere, guadagnare lavorando la terra. La tentazione di adibire il suolo agricolo ad altra destinazione diventerebbe forte. Ecco allora che anche la nostra associazione aderirà alle iniziative e manifestazioni, che saranno organizzate nei prossimi mesi, per sensibilizzare società civile, istituzioni, forze politiche, sociali ed economiche sulla salvaguardia del suolo e delle produzioni agricole”.

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