Economia e Lavoro
27 Gennaio 2012
"In gioco ci sono complessivamente duecento posti di lavoro"

Aperture domenicali, la decisione di Coop Estense

di Redazione | 2 min

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Coop Estense ha formalmente annunciato come, nel ferrarese ma non solo, alcuni suoi punti vendita a partire dal 29 gennaio rivedranno l’orario di apertura in relazione alle nuove possibilità offerte dal decreto “”Salva Italia”. Diversi supermercati pianificheranno dunque aperture domenicali e festive, mantenendo le proprie strutture attive sette giorni su sette.

La notizia non ha ovviamente trovato buona accoglienza presso i sindacati di categoria, soprattutto per la fretta con cui le voci relative a questa nuova programmazione hanno iniziato a circolare, trovando rapida conferma da parte della direzione aziendale. “É stato come se modificare l’organizzazione del lavoro e la vita di qualche migliaio di persone e delle loro famiglie non avesse nessun rilievo”, hanno scritto in una nota Cgil, Cisl e Uil, secondo le quali  “questa scelta non porterà alcun beneficio ai consumatori, mentre sicuramente recherà disagi ai lavoratori”.

Risponde a queste perplessità Coop Estense, ribadendo innanzitutto il proprio impegno, volto sempre a “sostenere il valore della concertazione tra operatori”, e sottolineando come, in un quadro competitivo sensibilmente mutato – le stesse scelte infatti sembrano interessare anche altri operatori, come Bennet, Conad e Despar – “la cooperativa non può che organizzarsi e reagire: si tratta di un suo preciso dovere, così come è imperativo cogliere le nuove opportunità di servizio per i suoi soci”.

Annuncia che, in occasioni delle maggiori festività civili e religiose, in nessun caso i suoi ipermercati e supermercati resteranno aperti, e spiega come la decisione presa vada considerata attualmente come un tentativo, una sperimentazione.

La direzione specifica inoltre come non intende negare la propria disponibilità a rispettare un calendario condiviso con le amministrazioni pubbliche, “purché tutti i soggetti concorrenti lo facciano e purché in questi si rispettino le differenze sia di funzione che di area di attrazione tra le diverse strutture di vendita”,  ma puntualizza: “in gioco ci sono complessivamente, tra Emilia e Puglia, 200 posti di lavoro che si devono a tutti i costi salvaguardare. Le vendite perse per la fuga dei consumatori verso strutture aperte anche in provincie limitrofe metterebbero a rischio 100 lavoratori; viceversa la stima delle maggiori vendite generate dalle nuove aperture porterebbe a nuovi 100 posti di lavoro”.

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