Cronaca
7 Settembre 2011
Il racconto dei rifugiati ghanesi a Pontelagoscuro

“Siamo morti tre volte”

di Redazione | 3 min

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“Siamo morti durante la traversata del Sahara, per raggiungere la Libia dal Ghana. Siamo morti nei giorni  della guerra, quando i libici che prima ci chiamavano “schiavi” hanno iniziato a chiamarci “killer a contratto”, perché il regime voleva imporci di prendere le armi e noi stavamo nascosti e senza cibo. Siamo morti per attraversare il mare e raggiungere l’Italia. Siamo morti tre volte. Ora chiediamo ai cittadini di Ferrara una possibilità, per vivere un’altra volta”. Le parole del giovane Y. (l’iniziale serve a tutelare il ragazzo da possibili ritorsioni) riassumono con grande efficacia la storia a più voci narrata ieri sera, a Pontelagoscuro, presso la festa del Pd.

Due mesi fa sono arrivati in città 55 giovani ghanesi, inseriti nel Sistema nazionale di protezione dei rifugiati e attualmente assistiti dalla cooperativa Camelot. “Ponte d’ambiente” ha organizzato una serata per presentare questa nuova presenza alla cittadinanza. É stato offerto un aperitivo a base di piatti tipici ghanesi:  stufato di carne con ocro – verdura africana reperibile in Italia nei negozi specializzati – e ranku, un impasto di acqua e farina usato a mo’ di contorno.

Alcuni rifugiati hanno voluto leggere pubblicamente delle poesie, dedicate all’Africa e alla drammatica situazione che il Continente Nero sta vivendo, e proporre ai presenti uno spettacolo di danze tradizionali, accompagnato dal suono incalzante dei tamburi.

Il viaggio dal Ghana  è stato raccontato in inglese dalla viva voce di Y.,  tradotto frase per frase da un mediatore: “Noi tutti abbiamo attraversato il deserto, rischiando la vita, per andare a lavorare in Libia. La discriminazione nei nostri confronti lì era forte, ma con la guerra si è trasformata in vera e propria persecuzione. Abbiamo supplicato il nostro governo che ci aiutasse a tornare a casa, ma il suo intervento è arrivato troppo tardi, e noi eravamo troppi, e troppo dispersi nel territorio per essere raccolti tutti”.

Y. ha poi spiegato come mai il mare, e quindi la rotta italiana, fosse l’unica via per la salvezza: “Alcuni di noi sono stati ammazzati mentre provavano a raggiungere l’aeroporto internazionale, altri hanno pagato un prezzo altissimo per essere portati in Tunisia, ma poi sono stati semplicemente abbandonati fuori dalle città, da soli”.

Il percorso che ha condotto i migranti da Lampedusa a Ferrara è stato poi raccontato dai rappresentanti delle varie istituzioni che a titolo diverso si occupano della loro gestione, dalla prima accoglienza all’inserimento lavorativo: Alceste Zecchi per la protezione civile, Lucia Bergamini per il Comune, Maurizio Pesci per l’Asp, Anna Occhi per Camelot.

Ad oggi sono stati sistemati 25.000 richiedenti asilo in Italia, 1.630 in Emilia Romagna, 140 in provincia di Ferrara, di cui 76 alloggiati in città. Questi sono i dati forniti da Maurizio Pesci e Federico Tsucalas, quest’ultimo referente dell’ufficio per i richiedenti asilo e moderatore dell’incontro.

“L’ultimo arrivo è stato consistente, ma per la comunità non c’è stato un grande contraccolpo – ha rassicurato Zecchi – . Il governo ha garantito, sebbene in un orizzonte temporalmente determinato, i finanziamenti per coprire le esigenze legate all’accoglienza, alla protezione e all’integrazione”.

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