Cronaca
28 Gennaio 2011
L'avvocato dell'ex capo turno delle volanti: "Non coprì i colleghi". La madre: "Lui c'era"

Aldrovandi bis, arriva una assoluzione

di Marco Zavagli | 3 min

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Di nuovo in aula il processo per le presunte mazzette alla Motorizzazione Civile di Ferrara, scoperte dalla maxi-inchiesta Ghost Inspections grazie al lavoro degli uomini della Guardia di Finanza e della Polizia Stradale, dietro il coordinamento del pm Andrea Maggioni, titolare del fascicolo di indagine, che ha chiesto il rinvio a giudizio di 74 persone

Era stato lui stesso ad accusarsi involontariamente durante il processo principale. Quando venne chiamato a testimoniare contro i colleghi delle volanti imputati di omicidio colposo. Al giudice, cercando di spiegare perché la telefonata tra lui e Marcello Bulgarelli (condannato a 10 mesi per omissione di atti d’ufficio e favoreggiamento e prosciolto invece per il reato falsa testimonianza) si interrompesse bruscamente, disse quella parola: “stacca, avrò detto stacca”.

E invece pei il tribunale collegiale di Ferrara, composto dal presidente Matellini con a latere i giudici Rizzieri e Attinà, Luca Casoni quella parola non l’ha mai pronunciata. Dopo un’ora di camera di consiglio dall’aula B arriva la pronuncia: l’ex capo turno delle volanti è stato assolto dall’accusa di falsa testimonianza “perché il fatto non sussiste” e assolto dalle accuse di favoreggiamento e omissione d’atti ufficio “perché il fatto non costituisce reato”.

Si conclude così il primo grado del processo Aldrovandi bis. In sede di discussione il pm Proto aveva chiesto la condanna a un anno e mezzo. Una condanna motivata dal fatto che Casoni avrebbe cercato di proteggere i colleghi “i quali, vista la morte violenta di Federico, sarebbero stati sicuramente oggetto di indagine”. Il fatto è circoscritto alla telefonate tra Casoni e Bulgarelli delle 6.30.02, “che secondo i tabulati Telecom dura 78 secondi, di cui appena 28 vengono registrati”. Questo perché, secondo l’accusa, “Casoni avrebbe detto al collega di interrompere la registrazione, perché non rimanesse traccia della conversazione (nella quale i due poliziotti si raccontavano cos’era successo)”.

Tutto il contrario secondo l’avvocato Alberto Bova, che in sede di arringa difensiva ricorda che “non solo non è stato detto ‘stacca’, ma non è nemmeno mai avvenuto l’intervento manuale di interruzione della chiamata. E questo – sottolinea – è un dato già acquisito nel precedente processo: la registrazione partiva in automatico e in maniera casuale su una delle due linee della questura”. Per Bova l’errore è di fondo: “la registrazione telefonica che dura 23 secondi è un’altra, quella delle 6.32”. 

“Se poi voleva coprire gli amici – aggiunge l’avvocato – vi pare che in pochi minuti potesse capire quello che un processo di quattro anni (quello principale, ndr) è riuscito a fare grazie a un colpo di scena finale (la consulenza Thiene, ndr), ossia quale fosse la causa della morte del ragazzo?”.

Dopo un’ora arriva il verdetto, con l’assoluzione che per Bova “dimostra la serietà del sistema giudiziario italiano; con i giudici che non si sono lasciati condizionare dalla sentenza precedente”. “Di questo pronuncia  – continua -, devono essere soddisfatti non solo Casoni, ma tutti i cittadini. Una pronuncia, va detto, che nulla toglie e nulla aggiunge ovviamente al processo principale per omicidio colposo”.

Ad ascoltare la sentenza c’era anche la madre di Federico, Patrizia Moretti, come semplice spettatrice e non più come parte civile. “Ritengo che comunque – riferisce visibilmente amareggiata -, essendo stato il primo dei funzionari recatosi sul posto, ha avuto una parte ativa nella gestione dei modi e dei tempi di quella mattina. Lui c’era”.

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